111709616_1470825729901646_6832316333710805657_nlogo

Cammino Lauretano

SANTUARIO DI NAZARET

Cammino Lauretano

Nazareth - Virtual Tour

Cammino Lauretano
La radice della parola Nazaret (Natzrat o Natzeret in ebraico; al-Nāṣira o al-Naseriyye in arabo) rimanda al significato di “fiorire”, come osservò S. Girolamo, ma anche dello “stare in guardia”. 
La posizione geografica della cittadina della bassa Galilea conferma la sua vocazione a luogo di osservazione. 
Nazaret è collocata lungo il versante più meridionale del complesso collinare che scende dal Libano, in posizione elevata sull’antistante piana di Izreel, la valle menzionata più volte nella Bibbia e conosciuta anche nella dizione greca Esdrelon, a circa 350 metri di altitudine.

Ma da secoli Nazaret è, nel cuore dei pellegrini e dei viaggiatori, il “fiore della Galilea”, che custodisce la memoria di quel dialogo tra l’arcangelo Gabriele e Maria. 
Con il suo “sì” la giovane donna fece dello sconosciuto villaggio la dimora del “Verbo che si è fatto Carne”, del Figlio di Dio che si è fatto uomo, del frutto del seno della Vergine che si è fatto fiore, così come proclamava Bernardo di Chiaravalle nel suo commento al mistero di Nazaret.

La Nazaret antica

Menzionata per la prima volta nei vangeli sinottici (il Vangelo di Marco, che è il più antico, è collocabile immediatamente prima o dopo il 70 d.C.), Nazaret manca dall’elenco delle città della tribù di Zabulon ricordate nel libro di Giosuè (19,10-15). Il piccolo villaggio non è citato nemmeno da Giuseppe Flavio, che fu comandante dei ribelli della Galilea durante la prima rivolta contro Roma (66-74 d.C).

Nel 1962 fu recuperato un frammento di iscrizione, in scrittura ebraica quadrata, dagli scavi della sinagoga di Cesarea Marittima. Il testo elenca le famiglie sacerdotali, tra le quali quella di Happizzez residente di Nazaretin: l’epigrafe testimonia dunque l’esistenza del villaggio dal II sec. d.C. 

I vangeli conservano due informazioni puntuali sul villaggio: Nazaret era abbastanza popolata da poter vantare la presenza di una sinagoga in cui Gesù, in un giorno di sabato – lo "shabbat" ebraico – entrò e, aperto il rotolo del profeta Isaia, lesse e commentò la profezia che lo riguardava (Lc 4,16-27). L’altra informazione, di carattere topografico, è fornita dallo stesso passo di Luca, che ricorda il dirupo situato presso il villaggio, in cui la folla, piena d’ira, voleva gettare Gesù al termine del suo discorso messianico in sinagoga (Lc 4, 28-30).

La prima menzione extra-evangelica ma indiretta di Nazaret è in alcune fonti giudaiche della fine del I secolo d.C., con riferimento a quella comunità giudeo-cristiana che credeva in "Jeshua‘ Hannozrî" (Gesù di Nazaret), i "nozrím" – nazareni - che assieme ai "miním" – eretici – furono inclusi nella dodicesima orazione della preghiera "Shemonè Esrè", chiosa inserita durante il cosiddetto “sinodo di Jamnia-Javneh”.

L’archeologia, però, offre un altro genere di testimonianza. Gli scavi hanno individuato l’area occupata dall’antico villaggio, che l’urbanizzazione medievale e moderna ha conglobato all’interno della vasta Nazaret attuale. L’antico villaggio si estendeva da nord a sud sul crinale della collina oggi occupata dalla basilica dell’Annunciazione, dal convento francescano e dalla chiesa di san Giuseppe. I reperti archeologici fanno risalire la prima forma di frequentazione dell’area all’età del Bronzo Medio (2000-1550 a.C.).

Gli scavi condotti lo scorso secolo dai padri francescani nell’area dei santuari, hanno messo in luce i resti di un villaggio con carattere agricolo abitato dall’età del Ferro (900-600 a.C.), che è andato via via strutturandosi in semplici abitazioni costruite attorno a grotte che servivano per i lavori domestici e per il ricovero di animali. E’ in questo semplice ambiente che Giuseppe e Maria conducevano la loro vita domestica e in cui Gesù trascorse la sua infanzia. 

Nazaret non distava molto da Sefforis, capitale amministrativa e commerciale della Galilea, che fra il 10 e il 20 d.C. il tetrarca Erode Antipa fece ricostruire. Non si esclude che i Nazaretani abbiano contribuito a tale ricostruzione prestando la propria manodopera. 

Si è proposto che già nel primo secolo iniziò a distinguersi in Nazaret un gruppo di giudei che testimoniavano la loro fede nel Cristo; di questi facevano parte i parenti di Gesù, di cui parlano più volte Egesippo (II sec.), Giulio Africano (ca. 250) ed Eusebio di Cesarea (IV sec.). I testi portano memoria di Giuda con i figli Zocer e Giacomo. Ma probabilmente ne faceva parte anche il Diacono Conone: martirizzato in Asia Minore durante il regno di Decio (249-251 d.C.), egli, infatti, affermava in tribunale di essere di Nazaret di Galilea e di discendere direttamente dalla famiglia del Signore. 

Nel terzo secolo, Eusebio da Cesarea nel suo "Onomasticon", che consiste in un repertorio di nomi di luoghi biblici, presto tradotto in latino e completato da S. Girolamo, afferma che la “Nazaret” che diede il nome di “nazorei” ai primi cristiani si trova in Galilea, a 15 km da Legio, l’antica Meghiddo, e vicino al Monte Tabor.


Basilica inferiore e Grotta dell’Annunciazione


L’ingresso alla basilica inferiore è molto suggestivo e invita alla preghiera. Lo spazio è stato volutamente progettato in modo da dare risalto alla Grotta e ai resti archeologici che la tradizione attribuisce al luogo dell’Annuncio e dell’Incarnazione del Salvatore. La centralità della Grotta consente al visitatore di abbracciare con un solo sguardo tutto l’ambiente. 

La struttura di cemento armato si alza sulla pianta dell’antica basilica crociata, di cui fu messo in luce il perimetro negli scavi della prima metà del XX sec. Le tre absidi sono ricostruite sulle originali dell’XII secolo. Al centro dell’abside maggiore è posta una croce bronzea; in quella di nord sono raffigurati i genitori di Maria, i Santi Gioacchino e Anna, e in quella di sud è esposto un quadro settecentesco dell’Annunciazione, conservato all’interno della Grotta Santa dal 1754 al 1954, anno della demolizione della chiesa settecentesca.

La Grotta dell’Annunciazione è circondata da una cancellata di ferro battuto ed è sormontata da un baldacchino sospeso, decorato da rilievi in rame dorato, che raffigurano la scena dell’Annunciazione.
La Grotta venerata è a un livello più basso rispetto all’attuale basilica. 

Nel Santuario costruito dai francescani nel XVIII sec., si trovava sotto il presbiterio e vi si accedeva da una scala posta frontalmente. Dopo gli scavi archeologici del secolo scorso, si decise di lasciare in vista la S. Grotta e i resti antichi, per dare ancora più rilievo al luogo venerato fin dai primi secoli della cristianità.

Sono visibili frammenti di mura e mosaici della primitiva sala di preghiera e della successiva chiesa bizantina. Una vasca, ritrovata sotto i mosaici bizantini, appartiene probabilmente all’originario complesso abitativo di cui faceva parte anche la Grotta, forse in seguito usata per i riti battesimali.

Davanti alla S. Grotta, all’interno del perimetro della chiesa bizantina, è stato predisposto lo spazio per le celebrazioni liturgiche. 

La penombra permette al visitatore di godere del contrasto con la luce che svela il luogo dell’Annuncio, rischiarato dalla bianca pietra della Grotta.

Età Bizantina

In età bizantina aumentano le informazioni sulla storia cristiana del villaggio: Epifanio (IV secolo) descrisse l’interessamento che il Conte Giuseppe espresse all’imperatore Costantino al fine di poter ottenere il permesso di costruire alcune chiese in Galilea, e anche nella stessa Nazaret. Un autore più tardo, del IX secolo, in una sua vita di S. Elena, affermò che la madre di Costantino avrebbe cercato personalmente a Nazaret la casa dove Maria ricevette l’annuncio dell’Angelo e che vi avrebbe fatto erigere un magnifico tempio. 

San Girolamo, che visitò Nazaret assieme alle discepole Paola ed Eustochio, non registra la presenza di un luogo di preghiera presso la casa di Maria, forse perché amministrato da giudeo-cristiani, in contrasto con la chiesa dei gentili da cui Girolamo proveniva.

Nel VI secolo le due comunità, ebraica e cristiana, di Nazaret possiedono ciascuna un proprio luogo di culto: gli ebrei la Sinagoga e i cristiani la chiesa della Casa di Maria, come ricorda il diario di pellegrinaggio dell’Anonimo Piacentino (570 ca.). La fonte parla di una basilica dove il pellegrino vide le vesti di Maria, che procuravano molti “benefici” a chi le toccava.

Con l’arrivo dei persiani, nel 614, la comunità cristiana di Nazaret dovette patire pesanti persecuzioni da parte della comunità ebraica alleata con Cosroe II. Nel 630, con la riconquista bizantina della Galilea, furono gli ebrei a subire una dura persecuzione, che formalmente mise fine alla presenza della comunità ebraica a Nazaret. 

Nel 670 il pellegrino Arculfo vi trovò due chiese, una della Nutrizione, l’attuale chiesa di S. Giuseppe, e l’altra della Casa di Maria, quella della Basilica dell’Annunciazione. Il pellegrino non nomina più la sinagoga appartenente alla comunità ebraica.

Poche sono le notizie riguardanti il periodo arabo che precede le crociate (638-1099). Willibaldo, nel 723-726, vi notò la sola chiesa dell’Annunciazione, ricordata ancora nel 943 dallo storico e geografo arabo al Mas'udi.


Le fonti scritte

Secondo la tradizione pervenuta da Epifanio ("Panarion" XXX.II.10) fu il conte Giuseppe di Tiberiade, un ebreo convertito al tempo di Costantino, a chiedere di poter costruire la prima chiesa cristiana, nel villaggio di Nazaret, entro la prima metà del IV secolo. Non vi sono testimonianze certe sull’effettiva riuscita del Conte nel tentativo di costruire una chiesa, ma questa ipotesi è ritenuta probabile. Verso il 383, la pellegrina Egeria vide “una grande e splendida grotta” in cui la Vergine Maria sarebbe vissuta, con un altare all’interno e un giardino in cui il Signore si intratteneva dopo il ritorno dall’Egitto. 

Nei testimoni dei primi secoli si riscontra la tendenza a non parlare dei luoghi di culto non appartenentI alla propria tradizione. Ne sono un esempio S. Girolamo ed Epifanio. Nel caso specifico di Nazaret si è ipotizzato che esistesse fin da subito un luogo di preghiera sulla casa di Maria ma che non sia stato rilevato dagli autori di ceppo gentile, in quanto custodito dalla comunità giudeo-cristiana. Girolamo, infatti, scrivendo del pellegrinaggio fatto in compagnia di Paola e Eustochio, non parla di chiese a Nazaret ma cita il villaggio. Se ne deduce che Nazaret faceva parte dei luoghi visitati dai pellegrini fin dai primi secoli.

Per ottenere una menzione diretta della chiesa bisogna attendere il 570, con la visita dell’Anonimo di Piacenza ("Itinerarium", V). Egli osservò il villaggio, ma anche la “casa di Maria” trasformata in chiesa, nonché la sinagoga officiata da ebrei.

Della situazione successiva alla conquista araba del 638 resta la descrizione del pellegrino Arculfo, che all’abate Adamnano raccontò di aver visto a Nazaret due chiese molto grandi: “una, nella quale fu nutrito il nostro Salvatore”, l’altra “che è nota per essere stata costruita sul luogo della casa dove l’Argangelo Gabriele si rivolse a Maria”.

Di queste due chiese in seguito rimase solo quella dell'Annunciazione, come si deduce dalla testimonianza di Willibaldo nel 724-26, il quale parla solo dell’Annunciazione, ormai in balia dei musulmani. 

L’ultima testimonianza pre-crociata è dello storico arabo al Mas’udi, del 943: scrive di aver visitato Nazaret e di avervi trovato “una chiesa molto venerata dai cristiani e dove si trovano dei sarcofagi di pietra con ossa di morti, dai quali trasuda un unguento simile a sciroppo col quale si ungono i cristiani per devozione”. Probabilmente si tratta di sepolcri posti nella chiesa e molto venerati dai fedeli.


TESTIMONIANZE


Età Bizantina


Epifanio da Salamina

Panarion adversus omnes haereses (315-403)

La prima notizia relativa a una chiesa a Nazaret la dà Epifanio, vescovo di Salamina, che ricorda il tentativo del conte Giuseppe di Tiberiade, un ebreo battezzato al tempo di Costantino, di costruire una chiesa nel villaggio di Nazaret. Il vescovo racconta di essere stato ospite nel 355 a Scitopoli, l’odierna Beit She’an, nella villa del conte Giuseppe di Tiberiade, e di aver appreso da lui come il cristianesimo fosse penetrato ufficialmente in Galilea, fino ad allora roccaforte giudaica. 
Giuseppe, “apostolo” del Patriarca Giuda Ha-Nasi, in seguito alla lettura del Nuovo Testamento e al contatto con alcuni vescovi, aveva deciso di aderire al cristianesimo. Onorato dell’amicizia dell’imperatore Costantino, che gli aveva concesso la dignità di “comes”, gli chiese l’autorizzazione scritta di poter erigere delle chiese in Galilea, soprattutto a Tiberiade, Diocesarea (Sefforis), Nazaret, Cana e Cafarnao.
L’imperatore non solo gli accordò l’autorizzazione, ma ordinò al fisco di fornirgli tutti i mezzi necessari. Secondo la relazione di Epifanio, il Conte Giuseppe, nonostante la forte reazione della comunità giudaica, riuscì a inaugurare chiese a Tiberiade, a Diocesarea e in altre città. Per quanto concerne Nazaret, essa nel racconto compare tra l’elenco delle chiese che il Conte Giuseppe intendeva costruire, sebbene non venga raccontata la costruzione. Ma probabilmente egli riuscì a realizzare l'opera. 
Epifanio sottolinea la presenza, in Galilea, di piccole comunità cristiane. A tal riguardo, egli recupera i testi di Egesippo del secondo secolo e di Giulio Africano, in cui sono ricordati i primi cristiani della Galilea, umili contadini chiamati a rispondere della loro discendenza dalla famiglia di Gesù davanti all’imperatore Domiziano (81-96 d.C.) e durante la persecuzione di Decio (249-251 d.C.). Sotto la persecuzione di Decio fu martirizzato in Frigia un certo Conone, il quale, davanti al tribunale, fece la seguente dichiarazione: “Sono della città di Nazaret in Galilea, sono della parentela di Cristo a cui presto culto fin dai miei antenati”.

« Il buon imperatore (Costantino) fece (Giuseppe) conte e aggiunse che potesse chiedergli quello che voleva. E lui non chiese altro se non di ricevere questo grandissimo dono dall’imperatore, cioè che gli fosse concesso, per mezzo di un editto imperiale, di edificare chiese a Cristo nelle città e villaggi dei Giudei. Là infatti nessuno aveva mai potuto costruire chiese, perché non si trovava in mezzo a loro né greco, né samaritano, né cristiano. Infatti è custodita questa (regola) che non ci sia alcuno di altra razza presso di loro. E questo soprattutto a Tiberiade, a Diocesarea detta anche Sefforis, a Nazaret e a Cafarnao. … A Tiberiade costruì solo una piccola chiesa nell’Adrianeion, ma a Diocesarea e in qualche altra città arrivò a portare pienamente a termine le sue costruzioni. »


Donato Baldi, Enchiridion Locorum Sanctorum, Jerusalem 1935, pagg. 2-3


Arculfo

De locis Sanctis (670)

Il vescovo franco Arculfo, che visita la Terra Santa durante l’occupazione araba, è autore di un resoconto di viaggio narrato ad Adamnano, che trascrisse le informazioni ricevute realizzando uno dei più diffusi e famosi itinerari medievali. 
Arculfo racconta di aver visto a Nazaret due chiese: “una nella quale fu nutrito il nostro Salvatore”, la seconda dell’Annunciazione. E’ una delle rare testimonianze dell’esistenza di una seconda chiesa a Nazaret, che la tradizione individua in quella di San Giuseppe, detta anche della Nutrizione.

« Nazaret si trova su di una montagna e tuttavia possiede grandissimi edifici in pietra. Vi si trovano anche due grandissime chiese: una, al centro della città, è costruita su due archi nel luogo dove una volta si trovava la casa nella quale il Signore nostro Salvatore è stato nutrito. »

Adamnani de locis sanctis libri tres, in P.Geyer - O.Kuntz (ed.), Itineraria et alia geografica (CCLS 175), Turnhout 1965, 174-234. (Nazaret viene descritta al cap. 26.)



Anonimo di Piacenza 

Itinerarium Antonini Placentini (570 ca.)

L’itinerario è la descrizione molto dettagliata del viaggio di un anonimo pellegrino che, partendo da Piacenza, si reca in Terra Santa con alcuni compagni, in un periodo in cui la rotta dei pellegrinaggi era ancora abbastanza sicura e protetta dal controllo imperiale bizantino.
La visita a Nazaret lascia al pellegrino un’ottima impressione: vi vede “cose meravigliose”, come la sinagoga in cui Gesù studiava e la casa in cui visse Maria, trasformata in una basilica. Dalla testimonianza si deduce che il villaggio era ancora a maggioranza giudaica e che persistevano delle tensioni religiose con la comunità cristiana. 

« Da Tiro giungemmo nella città di Nazaret, in cui ci sono molte cose meravigliose. E’ appeso lì il volume su cui il Signore scrisse abc.
Nella sinagoga è posta la trave su cui si sedeva con gli altri fanciulli. La trave viene mossa e sollevata dai Cristiani ma i Giudei per nessun motivo riescono a smuoverla; non si lascia neppure portare fuori.
La casa di Santa Maria è ora una basilica e molti sono i benefici effetti che vengono a chi riesce a toccare le vesti di lei.
Nella città è tanto grande l’avvenenza delle donne ebree che in quella terra non si potrebbero trovare donne più belle e dicono che questo è stato concesso loro da Santa Maria; infatti affermano che fu loro antenata; e mentre gli Ebrei non hanno nessuna carità verso i Cristiani, esse sono piene di ogni attenzione.
La regione è simile al paradiso; per abbondanza di grano e di ricchezza è simile all’Egitto. Benché piccola, eccelle nella produzione di vino, olio, frutta e miglio.
Il miglio poi è più alto del normale, di stelo grosso, supera la statura di un uomo. »

C. MILANI, Itinerarium Antonini Placentini. Un viaggio in Terra Santa dal 560-570 d.C., Milano 1977, pag. 238



Età crociata


El Mas’udi

“Muruj adh-dhahab” (943)

Abū al-Ḥasan ʿAlī al-Masʿūdī, studioso di vasta cultura, conosciuto in Occidente come l’“Erodoto arabo”, visitò molti paesi del Medio Oriente, tra cui la Palestina. Dei suoi scritti resta un compendio storico, geografico e letterario intitolato “Muruj adh-dhahab” (Le praterie d’oro).
La breve descrizione che fa di Nazaret è preziosa, perché testimonia una situazione pre-crociata in cui continua ad esistere una chiesa “molto venerata”, al cui interno si trovano alcuni sarcofagi che presentano manifestazioni miracolose.

« Si dice che il Messia era di un villaggio chiamato Nazaret, nel territorio della provincia di Giordania; da qui il nome Nazareno. Nel villaggio vidi una chiesa molto venerata dai cristiani e dove si trovano dei sarcofagi di pietra con ossa di morti, che trasudano un unguento simile a sciroppo, col quale si ungono i cristiani per devozione. »

Donato Baldi, Enchiridion Locorum Sanctorum, Jerusalem 1935, pag. 6


Sewulfo

Incipit Certa Relatio de Situ Ierusalem (1102-1103)

Con l’arrivo dei crociati in Terra Santa, i pellegrinaggi conobbero immediatamente un’ampia ripresa. Il primo pellegrino a lasciarci una testimonianza di quest’epoca è Sewulfo, un ricco mercante anglosassone che si imbarca dal sud Italia e, dopo un viaggio di tredici settimane, approda al porto di Giaffa. 
Sewulfo, che fa tappa a Nazaret, descrive un villaggio completamente distrutto, probabilmente a seguito di violenze perpetrate contro gli abitanti cristiani, ma testimonia la presenza del monastero "assi bello". Stando alla testimonianza è possibile pensare che i crociati iniziarono immediatamente i lavori si ricostruzione del Luogo Santo, forse partendo dal monastero.
Fu il normanno Tancredi, principe di Galilea, a interessarsi per primo della ricostruzione della Basilica, dotandola poi di beni di ogni genere, come scrive Guglielmo di Tiro, lo storico contemporaneo delle crociate, e altri pellegrini che ebbero modo di visitare il santuario in tutto il suo splendore.

« Nazareth, città della Galilea dove la Beata Vergine Maria ricevette l’avviso della Nascita del Signore, dista da Gerusalemme quasi quattro giorni di cammino. […]
La città di Nazaret è stata completamente devastata e rasa al suolo dai Saraceni; ma il luogo dell’Annunciazione del Signore lo indica un monastero assai bello. Presso la città sgorga una sorgente d’acqua limpidissima, ornata in ogni parte, com’era prima, da colonne di marmo e da quadrati; da questo luogo il fanciullo Gesù insieme agli altri ragazzi spesso attingeva l’acqua per sua Madre. »

Itineraria Hierosilymitana Crucesignatorum, Vol. II, a cura di Sabino de Sandoli, Jerusalem 1983, pagg. 26-27


Abate Daniele

Vie et Pèlerinage de Daniel, Hégoumène Russe (1106-1107)
Itinerario in Terra Santa, Daniele egumeno russo

La nuova e grande chiesa crociata, costruita nel 1106, fu vista dall’egumeno Daniele che compie il suo pellegrinaggio, accompagnato da altri otto uomini e guidato da un monaco Palestinese, in un periodo incerto dell’inizio del XII secolo. Daniele, come molti altri pellegrini, adempì al desiderio di vedere e di “toccare i Luoghi Santi” e i “segni della presenza Divina”. Per tale ragione il suo diario di viaggio è attento ai dettagli, sia geografici che cronachistici. Nonostante ritenesse che fossero le chiese orientali le vere custodi dei Luoghi Santi e dell’ortodossia, egli non disdegnò l’alto patronato dei crociati e non trascurò di lodarli per le numerose ricostruzioni di chiese e monasteri.
Il testo di Daniele è il più completo lasciato dai pellegrini medievali per Nazaret. Per quanto concerne la Grotta venerata, egli la descrive molto profonda, collocata lungo la navata nord, sotto il livello del pavimento della chiesa, dotata di due piccolo accessi. La venerazione sul luogo, secondo la testimonianza di Daniele, non ricordava solo l’Annunciazione, ma anche il posto in cui Maria allevò Gesù e dove fu sepolto Giuseppe.

« Una grande e alta chiesa a tre altari si eleva nel mezzo del villaggio. Entrandovi si vede a sinistra, davanti ad un piccolo altare, una grotta piccola e profonda che ha due piccole porte, una a oriente e una ad occidente, dalle quali si discende alla grotta. 
Penetrando per la porta occidentale a destra si ha una celletta, con entrata esigua, nella quale la santa Vergine viveva con Cristo. Egli fu allevato in questa sacra celletta che contiene il letto sul quale Gesù si riposava. Essa è così bassa che sembra essere, quasi, al livello del suolo.
Penetrando in questa stessa grotta dalla porta occidentale, si ha a sinistra la tomba di San Giuseppe, il fidanzato di Maria, che vi fu interrato dalle mani purissime di Cristo. Dal muro vicino alla sua tomba cola un’acqua bianca, come olio santo, che si raccoglie per guarire le malattie. 
In questa stessa grotta, presso la porta occidentale, si trova il posto ove la Santa Vergine era seduta presso la porta e filava la porpora, cioè il filo di scarlatto, quando le si presentò l’Arcangelo Gabriele, l’inviato da Dio. Egli apparve davanti ai suoi occhi, non lontano dal luogo dov’era seduta la Santa Vergine.
Vi sono circa sei metri dalla porta al luogo dove stava Gabriele; là è eretto, su una colonna, un piccolo altare rotondo di marmo, sul quale si celebra la liturgia. Il posto occupato da questa grotta era la Casa di San Giuseppe e fu in questa casa tutto avvenne. Su questa grotta è eretta una chiesa consacrata all’Annunciazione. »

Daniil Egumeno, Itinerario in Terra Santa. Introduzione, traduzione e note a cura di M. Garzaniti, Roma 1991


Teodorico 1172

Libellus de locis sanctis

Il monaco tedesco Theodoric, si recò in Terra Santa nel 1172 redigendo un prezioso diario di viaggio, con precise indicazioni su Nazaret.
Nella sua descrizione, egli colloca la Grotta in un’abside della navata sinistra, come effettivamente dimostrato dagli scavi di Viaud. Teodorico registra alterazioni nel complesso della Grotta: invece che dei due accessi ricordati da Daniele, egli parla di un'unica scala di accesso con 15 gradini. Questo dato suggerisce che ad un certo punto i crociati limitarono il passaggio alla Grotta a una singola entrata, probabilmente quella di ovest. L’alterazione può essere stata la conseguenza della costruzione della camera voltata dove i pellegrini facevano memoria della nascita della Vergine Maria. Questa camera è probabilmente quella chiamata successivamente “Cappella dell’Angelo”. 
La descrizione di Teodorico sostanzialmente coinciderà con quanto dirà il Quaresmi nel 1639, a proposito dell’organizzazione dei luoghi nella Grotta.

« A quattro miglia dal Monte Tabor si trova verso ovest la gloriosissima città di Nazaret sulla strada di Acco, là è costruita una veneranda chiesa, illustre per l’onore di essere sede vescovile e per la dedica fatta alla Madonna Santa Maria. In questa chiesa, nell’abside sinistra, si scendono quasi quindici gradini in una grotta sotterranea, dove verso oriente è segnata una crocetta nel fondo di un altare cavo, per indicare che ivi per mezzo dell’Arcangelo Gabriele fu annunziato alla medesima Madonna (l’incarnazione) di Cristo. Verso la parte sinistra di quell’altare, cioè verso nord, Giuseppe suo sposo, ovvero nutritore del Salvatore, riposa sepolto; su quel (sepolcro) è stato posto un altare. Inoltre, verso destra cioè verso sud, vi è un luogo con una crocetta impressa fino al suolo, al di sopra è arcuato; lì la Beata Madre di Dio nacque da Anna, sua madre. » 

Itineraria Hierosilymitana Crucesignatorum, Vol. II, a cura di Sabino de Sandoli, Jerusalem 1983, cap. XLVII, pagg. 380-381


Giovanni Phocas

The pilgrimage of Johannes Phocas (1177)

Il monaco greco di Creta in compagnia di un suo compagno si reca a Nazareth lasciando un dettagliato resoconto di quello che vide. La visita si colloca dopo il terremoto del 1170 (la data è incerta, forse 1177, forse 1185) che, secondo Bagatti, causò danni anche alla cittadina. Nella descrizione la Basilica risulta impreziosita con nuove decorazioni. Si riferisce, ad esempio, che all’ingresso della Grotta vi sono dipinti dell’Annunciazione, probabilmente icone. Questo ha fatto pensare che le nuove decorazioni appartenessero al progetto di decorazione del complesso crociato, forse promosso dopo il terremoto, grazie agli aiuti che arrivarono dalla Francia, progetto a cui forse appartengono anche i capitelli degli apostoli, mai messi in opera.
Il pellegrino descrive un solo ingresso alla Grotta e tre luoghi principali all’interno. Tuttavia, la descrizione di Phocas si discosta da quella dI Teodorico: il posto descritto da Teodorico per la nascita di Maria è, per Phocas, il luogo in cui Maria visse, mentre quello in cui Giuseppe venne sepolto, è per Phocas il luogo in cui visse Gesù dopo il ritorno dall’Egitto. Tuttavia, l’organizzazione essenziale dell’interno non cambia.


« La casa di Giuseppe è stata cambiata in un bellissimo tempio nella cui parte sinistra, presso l’altare, vi è una grotta che non appare nelle viscere della terra ma alla superficie, la cui apertura è stretta e tutta ornata di marmo bianco. Ivi la mano del pittore ha rappresentato l’angelo che, volando, discende dalla madre senza marito e la saluta col lieto annunzio, andando verso di lei che è austeramente dedita al lavoro di filare; ed è raffigurato come se le parlasse. La vergine, invero, come spaventata dall’inaspettata visione, ha subito voltato la faccia per paura di lui e quasi non le cade la porpora di mano. Lasciata la camera, essa incontra una parente e amica l’abbraccia con amichevoli saluti. Entrando per l’apertura della spelonca, discendendo pochi gradini, vedi l’antica casa di Giuseppe nella quale apparve l’arcangelo alla Vergine quando era ritornata dalla fonte. In questo luogo dove è avvenuta l’Annunciazione, v’è una croce di pietra nera intagliata nel marmo bianco e su questa croce un altare. A destra dell’altare, una stanzetta nella quale stava sempre la Vergine Madre di Dio. Nella parte destra dell’Annunciazione si vede un’altra stanzetta senza luce, dove si dice che nostro Signore, ritornando dall’Egitto, vi dimorò fino alla Decollazione del Precursore (decapitazione di Giovanni Battista). »

B. Bagatti - E. Alliata, Gli scavi di Nazaret. Vol. II. Dal secolo XII ad oggi, Jerusalem 1984, pag. 25


Abu al-Fida 

Annali (1273-1331)

La basilica di Nazaret fu distrutta sistematicamente nel 1263 per ordine del sultano Baibars. Questo è quanto ci riporta lo storico e geografo Siriano Abu al-Fida, noto anche per aver partecipato a molte spedizioni militari contro i crociati e per aver riottenuto la carica di Principe della cittadina Siriana di Hama.

« Durante un soggiorno sul monte Tabor, un distaccamento della sua armata si portò a Nazaret per suo ordine (di Baibars) e distrusse la chiesa di questa città. Nazaret era per i cristiani uno dei luoghi più grandi di devozione perché fu da lì che sortì la religione cristiana. »

Abulfedae, Annales Muslemici arabice et latine, opera et studiis Io. Iacobi Reiskii, Copenaghen 1789-1794.


Ricoldo di Monte Croce (1288-1291)

Liber Peregrinationis

Il missionario domenicano Ricoldo inizia a raccogliere le sue esperienze nel levante, componendo un testo che poi servirà da guida per la maggior parte dei missionari suoi contemporanei.
Egli visita Nazaret meno di trent’anni dopo la distruzione di Baibars e il suo resoconto mostra la veemenza della distruzione, tale da fargli parlare di una chiesa “quasi completamente distrutta”. Le messe continuavano a svolgersi presso gli altari della Grotta dedicati all’Annunciazione e all’Arcangelo Gabriele.

« Da quel posto (Naim) venimmo a Nazaret. Trovammo una grande chiesa quasi tutta distrutta e non restava niente della primitiva costruzione che la sola cella dove fu annunziata la Madonna: il Signore la preservò a ricordo dell’umiltà e della povertà di lei. Però in quel posto esiste l’altare della Madonna dove lei pregava, quando le fu mandato l’angelo Gabriele; vi sta l’altare dell’Arcangelo Michele dove era Gabriele durante l’annuncio. Noi, dopo aver celebrate le messe sopra tutti e due (gli altari) e aver predicato la parola di Dio ci facemmo un giro camminando per la città per vedere specialmente quei luoghi che erano più frequentati dalla Madonna e dal Bambino Gesù. Vi trovammo presso la città una sorgente che è tenuta in massima venerazione, per il motivo che la Madonna qualche volta andava a quella fontana, e Gesù Bambino frequentemente portava da lì l’acqua a sua Madre. Andammo pure alla sinagoga, distante trenta miglia (passi), in cui Gesù lesse Isaia profeta. Tutti codesti luoghi, dal primo all’ultimo, li trovammo in tranquillo e pacifico possesso dei Saraceni. »

Itineraria Hierosilymitana Crucesignatorum, vol. IV, a cura di Sabino de Sandoli, Jerusalem 1983, pagg. 262-263


Fra Niccolò di Poggibonsi

Libro d'Oltremare (1346-1350)

Fra Nicolò è un francescano italiano che si reca in Terra Santa nel XIV secolo e redige uno dei racconti di viaggio più ricchi di dettagli geografici, culturali e di folclore locale del suo tempo. Con sguardo attento, coglie particolari importanti su Nazaret, ad esempio la decorazione musiva all’interno della Grotta e la connessione tra la casa di Maria e l’ambiente rupestre.
La descrizione mostra, inoltre, come in questo periodo le memorie dell’Annunciazione si siano arricchite di dettagli. Il pellegrino francescano, riferendosi ad una colonna presente nella Grotta, afferma che Maria vi era appoggiata mentre l’Angelo entrava da una finestra soprastante.

« La città si è guasta molto, e non ci à mura d’intorno, e nell’entrata sì si paga per testa XII drame; dentro si è una bellissima chiesa, nel proprio luogo dov’era la casa della nostra Donna, quando l’angelo l’annunziò; ma ora si è abbattuta la chiesa, salvo che la camera della nostra Donna. La detta camera si è molto piccola e è lavorata di musaica opera; e era la casa appoggiata ad una grotta di sasso. Dentro si è la colonna che abbracciò Santa Maria per la pausa, quando l’angelo l’annunziò; la detta colonna si è grossa, quanto l’uomo puote abbracciare; dappiè della colonna si è un poco di murello, dov’ella usava stare in orazione; dallato si è un piccolo altare, di sopra della grotta; e di sopra della colonna si è una finestra grande, donde l’angelo entrò quando l’annunziò. La colonna si è di colore grigio; sappi ch’ellè fortissima, che niente se ne puote avere. Ecci indulgenza, colpa e pena. »

Alberto Bacchi Della Lega, Libro d'Oltramare, Bologna, 1881, Libro I, cap. CXXVII


Età Crociata

Nel 1099, stabilito il regno crociato di Gerusalemme, Tancredi di Altavilla fu nominato principe della Galilea e prese subito a cuore la ricostruzione delle chiese legate alle antiche memorie evangeliche, in particolare a Nazaret, a Tiberiade e sul Tabor, come scrive Guglielmo di Tiro, lo storico contemporaneo delle Crociate. 

Sewulfo, che visitò Nazaret nel 1102, parla di un villaggio in rovina, ma anche di un monastero situato sul luogo dell’Annunciazione, a suo giudizio bellissimo. Nazaret in pochi anni divenne sede vescovile; nel 1109-1100 vi fu trasferita quella di Scitopoli e la Basilica dell’Annunciazione, affiancata dal suddetto monastero, fu sontuosamente ricostruita e dotata di molti beni. 

Le cronache dei pellegrini medievali riferiscono dell’esistenza di molti altri luoghi santi dotati di chiese o cappelle: S. Giuseppe, S. Zaccaria detta anche S. Maria del Tremore, la Fontana di Maria non lontana alla chiesa di San Gabriele, la Sinagoga e il Precipizio.

Nei dintorni di Nazaret i crociati edificarono la chiesa dei Santi Gioacchino e Anna presso Sefforis, a ricordo della tradizione apocrifa che vi poneva la casa dei genitori di Maria. Inoltre, sulla cima della collina che dominava l’antica città, vi stabilirono una fortezza, a vedetta della sottostante piana di Zebulon. Anche sul Tabor, il monte che domina l’intera Valle di Esdrelon, edificarono una fortezza che custodiva al suo interno la Basilica della Trasfigurazione con il monastero attiguo. 

Il terremoto che colpì duramente la Siria nel 1170 non dovette risparmiare nemmeno la Palestina, creando distruzioni e disordini che facilitarono gli attacchi dei saraceni contro i crociati. Il villaggio di Nazaret fu tra i luoghi presi d'assalto dai saraceni. A sostegno dei crociati, papa Alessandro III chiese ai fedeli francesi di elargire donazioni proprio per la chiesa di Nazaret.

La prima parabola crociata ebbe termine con la sconfitta avvenuta ai Corni di Hattin, il 4 luglio 1187, che provocò la presa di Nazaret da parte delle truppe di Saladino e l’uccisione dei cristiani che si erano riparati all’interno della fortificata Basilica. Raul di Coggeshall, che visitò la Terra Santa in quei drammatici anni, descrive le profanazioni che “i figli di Sodoma” perpetrarono nei numerosi luoghi santi. Il trattato di pace stipulato con i musulmani nel 1192, accordò ai cristiani il controllo della la Basilica dell’Annunciazione. In questo modo il flusso dei pellegrini non fu più ostacolato fino alla rottura del trattato avvenuta con il Sultano Malik al-‘Adil nel 1211. 

La seconda fase crociata si aprì nel 1229, con l’accordo decennale stipulato tra Federico II e il Sultano Malik al Kamil, che concesse ai cristiani la città di Nazaret assieme a Gerusalemme e Betlemme. In tale periodo ripresero i pellegrinaggi e la Grotta dell’Annunciazione fu visitata anche dal re di Francia Ludovico IX, che partecipò alla Santa Messa il 24 marzo del 1251.


Nazaret crociata

Con la conquista crociata di Gerusalemme (1099), il Principato di Galilea fu affidato a Tancredi d’Altavilla, che stabilì la capitale a Tiberiade. Il Principato rimase sempre vassallo del Regno di Gerusalemme, assegnato a famiglie originare del nord della Francia e in particolar modo, a partire dal 1120, alla dinastia dei Bures dell’ Île-de-France. 

Un vescovo latino di nome Bernardo è già attivo a Nazareth nel 1109-1110, alla testa di un capitolo di canonici regolari che si occupavano del servizio liturgico e dell’accoglienza dei pellegrini. Sotto il vescovo Guglielmo (William: 1125-1129), successore di Bernardo, Nazaret diviene arcidiocesi metropolitana con giurisdizione su tutta la Galilea e con due sedi suffraganee guidate dall’abate del Monte Tabor e dal vescovo di Tiberiade. 

La Grotta dell’Annunciazione, fu inglobata in una nuova solenne costruzione e tornò a essere meta di copiosi pellegrinaggi. La prima testimonianza scritta sulla basilica crociata risale al 1106-1107 ed è del pellegrino russo Daniele, che racconta di aver visto elevarsi, nel centro del villaggio, una grande e imponente chiesa, che conservava al suo interno la grotta in cui l’Angelo rivolse l’annuncio a Maria.

Stando alla testimonianza, i lavori per la costruzione dell’imponente basilica iniziarono molto presto, probabilmente grazie alle ricche donazioni che Tancredi fece alla chiesa di Nazaret. La basilica, servita da canonici regolari, era affiancata dal palazzo vescovile e dotata di ospitale per l’accoglienza dei pellegrini e di una ricca biblioteca. Inoltre l’arcivescovo aveva a suo servizio sei cavalieri e circa centocinquanta sergenti. L’arcidiocesi divenne molto ricca tanto da vantare possedimenti dal levantino fino all’Italia del sud, paese che contava, nel 1172, ben sedici chiese facenti capo a Nazaret. 

E’ indubbio che la cattedrale di Nazaret, nelle sue forme raffinate, così come dimostrato dai resti archeologici, rispecchiasse il benessere e il prestigio dell’arcivescovado. I crociati, oltre all’Annunciazione, costruirono almeno altre due chiese, quella di San Giuseppe e quella di San Gabriele, che includeva il pozzo in cui Maria, secondo il Protovangelo di Giacomo, incontrò l’Angelo prima di ricevere l’annuncio presso l’abitazione.

Anche se non è verificabile l’entità dei danni che la cittadina subì nel catastrofico terremoto che il 29 giugno del 1170, colpì duramente la Siria e la città di Tiro, è certo che Nazaret fu presa di mira dai saccheggi musulmani che seguirono il terremoto. I nazaretani e i religiosi furono catturati e incarcerati. Nel dicembre dello stesso anno, papa Alessandro III, spinto da un appello di Letardo, Arcivescovo di Nazaret, scrisse ai cristiani della Francia perché prestassero soccorso alla cittadina. Padre Bagatti, che diresse gli scavi di Nazaret, sostenne che anche la chiesa subì i danni del terremoto. Secondo l’archeologo, il sisma fa da spartiacque tra il momento di costruzione e quello di decorazione dell’edificio, resa possibile dal contributo della Francia. Il legame tra Nazaret e la Francia deve essere stato molto stretto, dato che lo stesso stile architettonico e scultoreo con cui la cattedrale venne riccamente decorata è quello francese del XII secolo, in particolare della Borgogna, l'Ile-de-France, il Viennois e la Provenza. 

Il pellegrino greco Giovanni Focas del 1177 (o forse del 1185) descrive una grotta dell’Annunciazione mutata rispetto a quella d’inizio secolo e splendidamente decorata. Gli indizi portano a pensare che la costruzione e parte dell’ornamento della cattedrale fossero già terminati entro la fine del secolo e prima degli attacchi saraceni. Nel 1183 gli abitanti di Nazaret furono presi d’assalto per la prima volta dalle truppe di Saladino, che si accamparono sulle alture circostanti costringendo l’intero villaggio a rifugiarsi nella chiesa costruita con possenti mura.

La chiesa servì da fortezza e riparo anche a seguito della disfatta dei corni di Hattin, nel luglio del 1187, quando gli abitanti furono presi d’assedio dall’emiro di Saladino, Muzafar al-Din Kukburi. L’assedio portò alla conquista di Nazaret, allo sterminio dei cittadini e alla profanazione dell’edificio sacro, che però non fu distrutto.

Per circa quarant’anni la città e la sua arcidiocesi rimasero in mano musulmana e solo una serie di tregue e concessioni permisero ai religiosi di riprendere a celebrare nella basilica e di dare ospitalità ai pellegrini.

Nazaret e la via che la collegava ad Acri tornarono formalmente sotto il controllo cristiano nel gennaio del 1229, grazie all’accordo fatto tra Federico II e il Sultano al-Malik al Kamil; il controllo franco della città fu confermato ancora nel 1241, ma pare che l’arcivescovo vi abbia fatto ritorno non prima del 1250.

L’ultima ricca donazione di arredi, paramenti e vestimenti sacerdotali alla cattedrale fu elargita dal re di Francia Luigi IX, che si recò in pellegrinaggio a Nazaret nel marzo del 1251.

Infine, nell’aprile del 1263 la cittadina fu presa d’assalto da uno degli emiri del sultano Baibars: il villaggio fu razziato e l’imponente basilica crociata distrutta per sempre. Risparmiata dalla distruzione, la Grotta dell’Annunciazione rimase fino al 1730 l’unico luogo ancora accessibile ai cristiani del luogo e ai pellegrini, i quali però erano tenuti a pagare una tassa ai guardiani musulmani.

La Basilica dell’Annunciazione

Grazie alle varie indagini, oggi è possibile avere un’idea più precisa di quello che deve essere stato uno dei complessi più ricchi e importanti della Terra Santa crociata.

Attorno alla grande chiesa, orientata est-ovest, si sviluppavano a nord il palazzo vescovile, a sud una serie di stanze aperte su un loggiato - forse l’ospitale dei pellegrini o le scuderie - e a est, dietro le absidi, il cimitero. Le vaste costruzioni crociate andarono a distruggere buona parte delle abitazioni precedenti e a modificare il profilo del suolo.

La chiesa aveva tre navate, terminanti in absidi semicircolari chiuse dentro a mura rettangolari e misurava esternamente 72x30 metri e internamente 61x21 metri: è evidente la sproporzione tra la lunghezza e la larghezza, motivata probabilmente dal pendio roccioso, che scende fortemente da nord a sud, e che avrà obbligato i costruttori ad una chiesa stretta e lunga per ottenere maggiore stabilità. Le mura delle absidi e della facciata avevano uno spessore che arrivava anche a cinque metri, mentre le mura laterali si presentavano con uno spessore di soli due metri: l’aspetto fortificato della chiesa doveva essere evidente, con facciata in vista e vari edifici ai lati.

L’edificio era costruito con pietre locali dette mizzi, sultani e nari, di colore bianco, che ben si prestavano perché resistenti e compatte: generalmente usarono conci squadrati in pietra sultani per le parti basse e pietra nari per quelle alte. Diversi segni di estrazione delle pietre sono presenti nella roccia attorno alla Grotta venerata e corrispondono alle misure delle pietre impiegate nella fabbrica crociata. La lavorazione delle pietre era accurata, realizzata con il tipico taglio in diagonale delle superfici. Lapicidi provenienti dall’Europa lasciarono sui conci simboli e marche che li identificavano.

Le sezioni di muratura meglio conservate sono quelle del fianco nord e di una parte delle absidi; per questo, nelle ipotesi ricostruttive di Bagatti e Alliata, ritrovati qua e là nello scavo o riutilizzati nelle murature settecentesche che, messi assieme, consentono di avere una idea più chiara sulla tipologia architettonica e decorativa della chiesa. La facciata aveva un solo portale di accesso: durante la costruzione della chiesa settecentesca, vennero alla luce dei resti architettonici dello zoccolo, ornati da scanalature, e alcuni conci finemente lavorati che decoravano il portale. Assieme a vari altri resti recuperati nel 1955, fu possibile per Bagatti ricostruire ipoteticamente il portale strombato, con un solo accesso e con zoccolatura di base sormontata da colonnine che sostenevano l’archivolto. L’archivolto doveva essere particolarmente ricco: i resti dell’arco mostrano figure di animali e fasce con decoro a foglie, raccolte da un nastro e sormontate da cerchietti; una bella iscrizione della seconda metà del XII sec. accoglieva il pellegrino che attraversava il portale. Al centro, la lunetta era verosimilmente arricchita di sculture in altorilievo di dimensioni prossime al reale. Bagatti avanzò anche l’idea che alcuni frammenti di scultura, come quello raffigurante un santo che tiene in mano le chiavi e sorregge il modellino di una chiesa, interpretato come San Pietro, potesse appartenere alla decorazione dei fianchi del portale. Negli anni ottanta anche lo studioso Z. Jacoby ha tentato una ricostruzione del portale, sostenendo che lo stile potesse essere di ispirazione borgognese, con due accessi separati da una statua-colonna centrale e con la scena del trionfo di Cristo in gloria nella lunetta centrale. Entrambi gli studiosi collocano i capitelli istoriati, ritrovati nella grotta, sopra le colonne laterali del portale.

Notando lo spessore dei muri della facciata, Bagatti ipotizzò che due torri campanarie si elevassero ai lati, sullo stile di molte chiese crociate, come ad esempio quella del Pozzo di Giacobbe a Nablus, in Samaria.

I fianchi esterni della chiesa erano rinforzati da contrafforti, ai quali corrispondevano internamente i semi-pilastri cruciformi; all'interno, le navate erano ritmate da sei pilastri per lato, i primi tre a base quadrata e i secondi tre alternati tra cruciforme e quadrata. I diversi frammenti di capitelli fogliati, decorati anche con mascheroni o frutta, le mensole con foglie ed intrecci geometrici, le basi con ornamenti geometrizzanti, fanno pensare ad una chiesa variamente decorata. La luce entrava dalle finestre poste in alto, lungo le navate laterali, al di sotto delle volte.

Il sontuoso edificio raccoglieva al suo interno la grotta venerata, che era inserita tra i pilastri, sotto le arcate della navata di sinistra. Alla grotta si discendeva inizialmente da due scalinate, una a ovest verso l’entrata, e una a est verso le absidi, poi, in un secondo tempo, fu mantenuto solo l’accesso di ovest. 

Per facilitare il movimento dei pellegrini attorno alla grotta, gli architetti crociati realizzarono un’absidiola poco profonda, lungo il fianco nord della chiesa. Era possibile camminare sia lungo i fianchi della grotta che sul tetto. Sono molti i graffiti sulla pietra lasciati dai pellegrini che transitavano attorno alla grotta. I fedeli potevano osservare l’interno della grotta da una “finestrella confessionalis”, un’apertura ricavata sul lato ovest, punto di grande interesse, stando alla bella decorazione che la incorniciava eseguita con nastri intrecciati terminanti a testa di diavoletto. Secondo la ricostruzione di p. Bagatti e di p. Alliata, è probabile che al di sopra della grotta ci fosse un altare coperto da un’edicoletta, adornata dei capitelli a foglie grasse ritrovati in scavo. Una guida del 1231, descrivendo la grotta che è posta sotto i pilastri, porta l’esempio della chiesa di Nostra Signora di Tartus, sulle coste siriane, che ha un pilastro che inizia sopra l’ingresso della cripta. A tutt’oggi essa costituisce il confronto più diretto.

La grotta, situata ad un livello più basso rispetto al pavimento della chiesa, subì delle trasformazioni che la modificarono rispetto al periodo bizantino. Una di queste trasformazioni fu, ad esempio, la probabile eliminazione della “grotta di Conone”. 

Le scale conducevano ad uno spazio rettangolare, chiamato “cappella dell’Angelo”, e da questo vano si accedeva all’antica grotta. Scendendo dalle scale di ovest alla destra della Cappella dell’Angelo si aprivano due camerette poste più in basso, di uso incerto. 

Padre Horn, che descrisse la chiesa nel 1730, tramandò il disegno del pavimento cosmatesco che probabilmente ornava la gratta e che oggi non esiste più: lo stile è lo stesso dei pavimenti realizzati dai marmorai italiani al S. Sepolcro o ad Ain Karem. Le pareti della grotta furono regolarizzate e assottigliate in vista della costruzione della chiesa soprastante: per questo fu ricostruita in muratura parte della volta e furono infilate delle colonne di granito per poter supportare il peso del pilastro sovrastante il tetto della grotta (le colonne in granito sono ancora oggi visibili a sinistra dell’ingresso alla grotta). 

L’abate Daniele, che probabilmente vide la grotta non ancora restaurata dai crociati, descrive un’anticamera, con il luogo in cui Maria filava prima dell’apparizione dell’Angelo e una stanza separata, con il sepolcro di San Giuseppe; secondo l’abate, dall’anticamera si entrava nella grotta, dove vi era un altare rotondo, posto sopra ad una colonna, proprio nel punto in cui si credeva avesse sostato l’angelo durante l’Annunciazione. 

Dopo la seconda metà del XII secolo, la grotta fu sicuramente trasformata: i crociati limitarono l’accesso ad una singola entrata, quella di ovest, da cui entrò Teodorico, e risistemarono la Cappella dell’Angelo; la tomba di Giuseppe a questo punto non sembra più essere in una camera separata, ma nella parete nord della grotta venerata; inoltre viene aggiunta la memoria del luogo della nascita di Maria. Altri particolari vengono aggiunti dal monaco greco Focas, il quale testimonia che l’ingresso alla grotta era abbellito con dipinti dell’Annunciazione. Probabilmente l’organizzazione dell’interno non era realmente cambiata, ma è cambiato piuttosto il punto di vista: Focas, proveniente dalla tradizione orientale, identifica le memorie in modo diverso dagli occidentali.

Si può concludere che tra l’inizio e la seconda metà del XII secolo, i lavori rimasero in corso, e che questi lavori determinarono la nuova forma architettonica del luogo Santo, sia nella pianta che negli alzati. Inoltre, le memorie evangeliche ricordate nella grotta variavano a seconda della tradizione latina o orientale dei pellegrini. Infine, è possibile che il progetto per la decorazione della grotta abbia avuto inizio dopo il terremoto del 1170, e che gli stessi capitelli degli apostoli, come ipotizzato da alcuni studiosi, tra cui Folda, dovessero appartenere ad una nuova soluzione architettonica, forse un baldacchino, posto a completamento del monumento sopra la grotta.

I Mamelucchi

A partire dal 1260 i mamelucchi provenienti dall’Egitto iniziarono una azione militare contro i crociati e contro le ultime sacche di potere ayyubbide di Siria e Palestina . Nel 1263 il Sultano Baibars ordinò alle sue milizie di occupare e demolire definitivamente i luoghi cristiani: la Basilica dell’Annunciazione e quella del Tabor subirono una stessa rovinosa sorte. 

Durante il periodo mamelucco (1291-1517), che ha inizio propriamente dopo la caduta di Acco, ultima roccaforte crociata, Nazaret divenne un villaggio spopolato e periferico: gli avventurosi pellegrini che la raggiunsero attestano l’esistenza di una piccola cappella che proteggeva la Grotta dell’Annunciazione, accessibile dietro pagamento di una tassa ai musulmani. Gli altri luoghi cristiani notati dai pellegrini di quest’epoca erano la Fonte di Maria, adiacente alla Chiesa di S. Gabriele Arcangelo, la chiesa sulla Sinagoga, custodita dai greci, e la grotta al Monte del Precipizio (Ricoldo di Monte Croce, 1294; Iacopo da Verona 1335; Fra Niccolò da Poggibonsi, 1347; Fra Francesco Suriano, 1485). Nel XIV secolo una piccola comunità di francescani si stabilì a Nazaret ma furono ben presto obbligati a lasciarla. 

Informazioni


Orari Basilica dell’Annunciazione

Basilica Inferiore (Grotta): 5:45 - 21:00

Basilica Superiore: 8:00 - 18:00


Orari Chiesa di San Giuseppe: 7: 00 - 18:00

Orari  del Museo Archeologico: 
Dal Lunedì al Sabato: 8:00 - 12:00 / 14:00 - 18:00 (chiusura invernale ore 17:00)

E’ possibile visitare la chiesa della Mensa Christi facendo richiesta al Guardiano del Convento

Sante Messe Conventuali:

Basilica dell’Annunciazione
Ogni sabato presso la Grotta: ore 11.00
Ogni domenica presso la Grotta: ore 7:00 (Arabo) - 17:00 (Arabo) - 18:00 (Arabo)
Ogni domenica nella Basilica Superiore: ore 10:00 (Arabo)
Tutti i giorni presso la Grotta: ore 6: 30 (Italiano)

Chiesa di San Giuseppe
Ogni domenica: ore 8:30 (Arabo)
Tutti i giorni: ore 7:15 (Arabo)


Preghiere e Servizi Religiosi:


Preghiera silenziosa e privata: tutti i giorni dalle 18:00 alle 21:00, presso la Basilica Inferiore


Recita dell'Angelus nella Grotta dell'Annunciazione: tutti i giorni alle ore 12.00.


Corona di Nazareth: ogni martedì dalle 20:30 alle 21:30, presso la Basilica Inferiore


Adorazione Eucaristica: ogni giovedì dalle 20:30 alle 21:30, presso la Basilica Inferiore


Santa Messa Internazionale e recita dell'Angelus. Presiede il Rettore della Basilica: ogni sabato dalle 11.00 alle 12.00.


Processione au Flambeaux: ogni sabato dalle 20:30 alle 21:30, partendo dal Piazzale davanti la Convento


Feste e Celebrazioni durante l'anno:

Festa della Santa Famiglia: prima domenica dopo Natale


Solennità di San Giuseppe: 19 Marzo - Messa solenne presieduta dal Custode di Terra Santa


Solennità dell’Annunciazione: 24 - 25 Marzo - Messa solenne presieduta dal Patriarca Latino di Gerusalemme



E’ richiesta la prenotazione per ogni tipo di celebrazione sui luoghi, da effettuare presso:

Pilgrims' Office Contact Centre - Basilica of the Annunciation
Aperto dal Lunedì al Sabato: orario 9:00 - 12:00 / 14:00 - 17:30
Tel: +9972. 04 656 00 01 
Web-site: http://www.basilicanazareth.org


Il servizio nei luoghi del Santuario è affidato alla Comunità francescana di Nazaret coadiuvata dalla Comunità Shalom. Un frate è sempre presente nel Santuario per il servizio di accoglienza e ascolto ai pellegrini. Per il Sacramento della Riconciliazione è sempre a disposizione un sacerdote. 

Per ulteriori informazioni:

Nazareth – Convento francescano SS.ma Annunziata 
P.O.B. 23
16100 Nazaret


Tel:
+972. 04 657 25 01 (convento)
+972. 04 655 45 42 (suore e prenotazioni messe)
+972. 04 656 00 01 (informazioni pellegrini)

Fax:
+972. 04 646 67 50
+972. 04 646 02 03 (prenotazioni messe)

E-mail: basilicanazareth@gmail.com


Nazareth – Parrocchia
Tel: +972. 04 655 41 70
Fax: +972. 04 646 12 71
E-mail: latin_parish@yahoo.com


Alloggio: 
E’ possibile alloggiare presso “Casa Nova” situata a pochi passi dalla Basilica. 
Le “Casa Nova” sono strutture francescane con lunga tradizione di ospitalità ai pellegrini. 

Casa Nova Street
P.O.B. 198
16100 NAZARETH
ISRAEL
E-mail: casanovanazareth@yahoo.com

Età Ottomana

Durante il lungo impero turco ottomano (1517-1917), la chiesa Greca beneficiava di maggiore sostegno e vantaggi da parte dei Sultani rispetto a quella Latina, a motivo della sua collocazione geografica nello stesso impero. A Nazaret, ad esempio, la chiesa di San Gabriele era officiata dal clero greco, come testimonia il Custode Bonifacio da Ragusa durante il suo pellegrinaggio ai luoghi santi.

Nel 1620, per merito dell’emiro druso di Sidone Fakr-el Din II, il Custode Tommaso Obicini da Novara prese possesso della Grotta dell’Annunciazione, delle rovine della basilica di Nazaret e di quelle della Tasfigurazione sul Tabor. I francescani vi riattivarono così il culto latino. All’arrivo dei francescani seguì quello dei Maroniti e dei Melchiti, cattolici di rito orientale che formano ancora oggi la maggioranza della comunità cristiana della città.

Le prepotenze ottomane contro i cristiani pesarono anche sui residenti di Nazaret: nel 1624 il villaggio fu saccheggiato per ordine dell’Emiro Tarabei e i francescani fuggirono assieme agli abitanti per non essere catturati. Alla morte dell’emiro Fakr-el Din (1635), sostenitore dei francescani, s’intensificarono le persecuzioni contro i frati. Nel 1638, gli abitanti del villaggio cristiano di Nazaret vennero attaccati dai musulmani di Sefforis e, nonostante il tentativo di difesa reso possibile grazie alle possenti rovine della chiesa crociata, l’abitato fu conquistato, le abitazioni bruciate e gli abitanti messi in fuga. Entro la fine dello stesso secolo, i francescani cercarono più volte di far valere i propri diritti contro le continue devastazioni ordinate dal capo di Safed, che fece incendiare chiesa e altari e assaltare ripetutamente il convento in cerca di denaro.

Finalmente, nel 1730 fu possibile ricostruire sopra la grotta dell’Annunciazione una piccola chiesa quadrata, affiancata dal nuovo convento francescano, che fu benedetta dal Padre Custode Andrea da Montoro il 15 ottobre dello stesso anno. In assenza di un’autorità governativa, la comunità francescana, per buona parte del secolo, assunse anche l’onere dell’amministrazione civile e giudiziaria sia su Nazaret che su altri villaggi circostanti per conto del Pascià di Sidone e del governatore di Acco. Entro il 1789 Nazaret tornò ad avere un proprio Governatore che risiedeva in un palazzo ed era onorato come un principe.

Durante l‘800 l’impero Ottomano iniziò a risentire delle spinte nazionaliste arabe, che portarono alla politica più liberale e riformista del sultano Abdülmecid I (1839-1861). Anche Nazaret beneficiò della maggiore apertura e stabilità economica che le consentì un rapido sviluppo. La comunità era formata soprattutto da cristiani appartenenti a diversi riti (4000 fedeli cristiani e 2000 musulmani).

Con l’incremento del numero dei fedeli la capienza della piccola chiesa francescana divenne inadeguata, così nel 1877 si decise di allungarne la navata. Questa chiesa fu usata fino alla costruzione di quella attuale. 

Cammino Lauretano