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Cammino Lauretano

LA REGOLA DEL SODALIZIO DI NOSTRA SIGNORA DI LORETO



Tele Regola vuole unire nello spirito e nell’azione tutti i confratelli, vicini e lontani, che intendono vivere il Cammino Lauretano come un sentiero di Vita.

 

il Cristiano è un militante, è un Cavaliere di Cristo che ogni giorno affronta i suoi draghi interiori, alimentando e fortificando lo Spirito con la Parola, la preghiera, la meditazione e i digiuni.
Il Cristiano è un guerriero che lotta per mantenere viva la Sua consapevolezza, che alimenta dentro di se la fiamma divina, che cerca continuamente Cristo affinché risiedendo in Lui possa conoscere il Padre e dare frutto per essere Testimoni della Verità e della Via.

 

Dalla lettera di San Paolo apostolo agli Efesini (6,10-20)

"...Fratelli, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi...".

 


Il Cristiano è un Testimone, martire se necessario, che segue comandamenti chiari:

 

« Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza »

« Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri »

« Amerai il prossimo tuo come te stesso »


 

L'Apostolo san Paolo lo richiama: « Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore » (Rm 13,8-10).


 

Dalla Prima Lettera ai Corinti:

"Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi l'amore,
sono come un bronzo che risuona
o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi l'amore,
non sarei nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi l'amore,
niente mi gioverebbe.
L'amore è paziente,
è benigno l'amore;
non è invidioso l'amore,
non si vanta,
non si gonfia,
non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità.
Tutto copre,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta.
L'amore non avrà mai fine"

 


 

L’imitazione della vita evangelica della prima comunità cristiana di Gerusalemme mira a raggiungere la perfezione della carità. Gli Atti degli Apostoli (capp. 2, 42-48 e 4, 32-35) presentano l’ideale della vita evangelica incarnato nella vita dei primi cristiani di Gerusalemme. Tutti i cristiani dovrebbero vivere così; sociologicamente però ciò non è possibile. Per questo la confraternita dovrebbe vivere questo ideale in mezzo alla gente per animare la crescita della carità in tutta la comunità cristiana.

 



 

Prologo

Fratelli carissimi, si ami anzitutto Dio e quindi il prossimo, perché sono questi i precetti che ci vennero dati come fondamentali.

 

Questi poi sono i precetti che prescriviamo a voi


 

1. SCOPO E FONDAMENTO DELLA CONDIVISIONE SPIRITUALE

Il motivo essenziale per cui vi siete insieme riuniti spiritualmente è che viviate unanimi e abbiate una sola anima e un sol cuore protesi verso Dio.

Tutti dunque vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio di cui siete fatti tempio.



 

2. DISPOSIZIONI GENERALI

 

Durante la giornata

- Lodi

- Pregare e invocare la benedizione di Dio prima dei pasti

- Rendere grazie dopo i pasti

- Vespri

- Ricapitolare mentalmente la giornata ogni sera prima di andare a letto e chiedere perdono per le mancanze o i peccati commessi

 

Durante la settimana:

- Meditare almeno 1 volta ( almeno 30 min )

- Praticare il LOGISMOI

- Dire il Santo Rosario almeno una volta

- Recitare la Preghiera del Cuore almeno una volta ( 30 min )

- Digiunare il venerdì: se possibile non assumere cibo altrimenti escludere categoricamente carne, pesce, uova, latticini, olio, dolci, zuccheri, caffé e the

- Confessarsi

- Fare la Comunione

 

Durante l’anno

Digiunare secondo quanto disposto nel Calendario delle Solennità.



 

3. IL CORPO DEL SIGNORE
Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: "lo sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me. Se aveste conosciuto me, conoscereste anche il Padre mio; ma da ora in poi voi lo conoscete e lo avete veduto". Gli dice Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. Gesù gli dice: "Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre mio" (Gv 14,6-9).
Il Padre abita una luce inaccessibile (Cfr. 1Tm 6,16), e Dio è spirito, e nessuno ha mai visto Dio (Gv 4,24 e Gv 1,18). Perciò non può essere visto che nello spirito, poiché è lo spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla (Gv 6,64). Ma anche il Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, non può essere visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diversa dallo Spirito Santo.
Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l'umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. E cosi ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l'altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché è l'Altissimo stesso che ne dà testimonianza, quando dice: "Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza [che sarà sparso per molti"] (Mc 14, 22.24), 9 e ancora: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna" (Cfr. Gv 6,55).
Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e il sangue del Signore. Tutti gli altri, che non partecipano dello stesso Spirito e presumono ricevere il santissimo corpo e il sangue del Signore, mangiano e bevono la loro condanna (Cfr. 1Cor 11,29). Perciò: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? (Sal 4,3) 15 Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio? (Cfr. Gv 9,35)
Ecco, ogni giorno egli si umilia (Cfr. Fil 2,8), come quando dalla sede regale (Cfr. Sap 18,15) discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sulI'altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.
E in tale maniera il Signore è sempre presente con i suoi fedeli, come egli stesso dice: "Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo" (Mt 28,20).



 

4. IL DIGIUNO
Dice il Signore: "Questa specie di demoni non si può scacciare se non con la preghiera e col digiuno" (Cfr. Mc 9,28). 2 E ancora: "Quando digiunate non prendete un'aria melanconica come gli ipocriti" (Mt 6,16).

 

Domate la vostra carne con digiuni ed astinenza dal cibo e dalle bevande, per quanto la salute lo permette, almeno una settimana ogni tre mesi. Ma se qualcuno non può digiunare, non prenda cibi fuori dell’ora del pasto se non quando è malato.

 

Tutti i fratelli digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino al Natale e dalla Epifania, quando il Signore nostro Gesù Cristo incominciò a digiunare, fino alla Pasqua.

Negli altri tempi poi, eccetto il venerdì, non siano tenuti a digiunare secondo questa norma di vita.

E secondo il Vangelo, sia loro lecito mangiare di tutti i cibi che vengono loro presentati (Cfr. Lc 10,8).

 

E digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. La santa Quaresima, invece, che incomincia dall'Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni, quella che il Signore consacrò con il suo santo digiuno , coloro che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati. Ma l'altra, fino alla Resurrezione del Signore, la digiunino. Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. Ma in caso di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale.

 

Dobbiamo anche digiunare e astenerci dai vizi e dai peccati (Cfr. Tb 4,11; 12,9). a e da ogni eccesso nel mangiare e nel bere ed essere cattolici. Dobbiamo anche visitare frequentemente le chiese e venerare e usare reverenza verso i chierici, non tanto per loro stessi, se sono peccatori, ma per l'ufficio e l'amministrazione del santissimo corpo e sangue di Cristo, che sacrificano sull'altare e ricevono e amministrano agli altri. E siamo tutti fermamente convinti che nessuno può essere salvato se non per mezzo delle sante parole e del sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che i chierici pronunciano, annunciano e amministrano. Ed essi soli debbono amministrarli e non altri. Specialmente poi i religiosi, i quali hanno rinunciato al mondo, sono tenuti a fare molte altre cose e più grandi, senza però tralasciare queste (Cfr. Lc 11,42).

 

Per i digiuni di 9 giorni, occorre rispettare quanto segue:

 

Dal 1° al 3° giorno

escludere solo la carne, dolci e zuccheri. Possibilità di mangiare pesce, latticini, carboidrati e vegetali e frutta di stagione.

 

Dal 3° al 6° giorno

escludere carne e pesce, dolci e zuccheri. Possibilità di mangiare latticini, carboidrati, vegetali e frutta di stagione.

 

Dal 6° al 9° giorno

escludere carne, pesce, latticini, olio, dolci, zuccheri,caffé, the. Possibilità di mangiare solo vegetali e carboidraiti

 

Per i digiuni di 3 giorni, occorre rispettare quanto segue:

escludere carne, pesce, latticini, olio, dolci, zuccheri,caffé, the. Possibilità di mangiare solo vegetali e carboidraiti



 

5. USO DELLA CARNE
Nella settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, o la Pasqua, o la festa di S. Maria, o di tutti i Santi, vi sia sufficiente mangiare tre volte la carne: l'abituale mangiare la carne va compresa quale grave corruzione del corpo. Se nel giorno di Marte cadesse il digiuno, per cui l'uso della carne è proibito, il giorno dopo sia dato a voi più abbondantemente. Negli altri giorni cioè nella seconda e quarta feria nonché il sabato, riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di altri cibi, o che si dica companatici cotti: e così comandiamo che ci si comporti, perché chi non possa mangiare dell'uno sia rifocillato dall'altro.
 


 

6. LA PREGHIERA E IL DIVINO UFFICIO

Attendete con alacrità alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti.

 

Quando pregate Dio con salmi ed inni, meditate nel cuore ciò che proferite con la voce.
Perciò tutti i fratelli, sia chierici sia laici, recitino il divino ufficio, le lodi e le orazioni come sono tenuti a fare.

Per i difetti e le negligenze dicano, ogni giorno, il Miserere mei, Deus (Sal 50) con il Pater noster.
Per i defunti dicano il De profundis (Sal 129) con il Pater noster.

I laici dicano il Credo in Dio e ventiquattro Pater noster con il Gloria al Padre per il mattutino, cinque per le lodi, per l'ora di prima il Credo in Dio e sette Pater noster, con il Gloria al Padre; per terza, sesta e nona, per ciascuna di esse, sette Pater noster; per il vespro dodici, per compieta il Credo in Dio e sette Pater noster con il Gloria al Padre; per i defunti sette Pater noster con il Requiem aeternam; e per le mancanze e le negligenze dei frati tre Pater noster ogni giorno.
 

I Fratelli dicano ventiquattro Pater noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste ore, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; 4 e preghino per i defunti.

 

Dicano le preghiere del Signore, se non hanno potuto udire il servizio di Dio: per Mattutini dica tredici orazioni del Signore e per le singole ore, sette; per i Vespri, riteniamo se ne debbano dire nove.


 

Abbiate cura di udire con pio e puro desiderio nella sua totalità la Messa Domenicale.
Rifocillati e saziati dal divino cibo, istituiti e confermati dai precetti del Signore, dopo la consumazione del Divino Mistero nessuno tema la battaglia, ma sia preparato alla corona.


 

 

7. PREGARE IN SILENZIO
Comandiamo con parere concorde che, come avrà richiesto la propensione dell'anima e del corpo, i fratelli preghino in piedi o seduti: tuttavia con massima riverenza con semplicità, senza chiasso, perché uno non disturbi l'altro.


 

 

8. DOPO I PASTI SEMPRE RENDETE GRAZIE
Dopo il pranzo e la cena comandiamo che con cuore umiliato immediatamente rendano grazie al sommo procuratore nostro: che è Cristo.
 


 

9. FRUGALITÀ

Seguire la dottrina e l'esempio del Signore nostro Gesù Cristo, il quale dice: 2 "Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e poi vieni e seguimi (Lc 18,22; Mt 19,21); 3 e: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24); 4 e ancora: "Se qualcuno vuole venire a me e non odia il padre, la madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle e anche la sua vita stessa non può essere mio discepolo" (Lc 14,26). E: "Chiunque avrà lasciato il padre o la madre, i fratelli o le sorelle, la moglie o i figli, le case o i campi per amore mio, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna" (Cfr. Mt 19,29; Mc 10,29; Lc 18,29).

 

I Fratelli devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada.

E ricordino ciò che dice il Signore: "Badate a voi che non vi capiti che i vostri cuori siano aggravati dalla crapula e dall'ubriachezza e dalle preoccupazioni di questa vita 15 e che quel giorno piombi su di voi all'improvviso, poiché cadrà come un laccio su tutti coloro che abitano sulla faccia della terra" (Lc 21,34 e 35).

 

E tutti dobbiamo vigilare molto su noi stessi, poiché dice il Signore: "Chiunque avrà guardato una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei, nel suo cuore" (Mt 5,28). 6 E l'apostolo: "Non sapete che le vostre membra sono tempio dello Spirito Santo? (Cfr. 1Cor 6,19); perciò, se uno violerà il tempio di Dio, Dio distruggerà lui" (1Cor 3,17).


 

 

10. LA MORTIFICAZIONE DEL CORPO
Ci sono molti che, quando peccano o ricevono un'ingiuria, spesso incolpano il nemico o il prossimo. Ma non è così, poiché ognuno ha in suo potere il nemico, cioè il corpo, per mezzo del quale pecca. Perciò è beato quel servo (Mt 24,46) che terrà sempre prigioniero un tale nemico affidato in suo potere e sapientemente si custodirà dal medesimo; poiché, finché si comporterà cosi, nessun altro nemico visibile o invisibile gli potrà nuocere.


 

 

11. COME I CONFRATELLI DEBBANO ANDARE PER IL MONDO

E come pellegrini e forestieri (1Pt 2,11) in questo mondo, servendo al Signore in povertà ed umiltà. Né devono vergognarsi, perché il Signore si è fatto povero per noi in questo mondo.

 

E ovunque sono e si incontreranno i fratelli, si mostrino familiari tra loro reciprocamente e ciascuno manifesti con fiducia all'altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?

Ammonisco anche ed esorto gli stessi fratelli che, nella loro predicazione, le loro parole siano ponderate e caste (Cfr. Sal 11,7 e 17,31), a utilità e a edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità di discorso, poiché il Signore sulla terra parlò con parole brevi (Cfr. Rm 9,22).

Che i ministri siano i servi di tutti i fratelli.

Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i fratelli da ogni superbia, vana gloria, invidia, avarizia (Cfr. Lc 12,15), cure o preoccupazioni di questo mondo (Cfr. Mt 13,22), dalla detrazione e dalla mormorazione.

E coloro che non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle, ma facciano attenzione che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità, e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poiché dice il Signore: "Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano (Mt 5,44); beati quelli che sopportano persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10). E chi persevererà fino alla fine, questi sarà salvo" (Mt 10,22).


Consiglio invece, ammonisco ed esorto i miei fratelli nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole (Cfr. 2Tm 2,14 e Tt 3,2), e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene. E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o infermità

In qualunque casa entreranno dicano, prima di tutto: Pace a questa casa (Lc 10,5); 14 e, secondo il santo Vangelo, è loro lecito mangiare di tutti i cibi che saranno loro presentati (Lc 10,8).

 

 


12. RAPPORTI TRA CONFRATELLI

"Tutto quanto desiderate che gli uomini facciano a voi, fatelo voi pure a loro" (Mt 7,12) 5 e ancora: "Ciò che tu non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri" (Cfr. Tb 4,16; Lc 6,31).

E si ricordino che il Signore dice: "Non sono venuto per essere servito, ma per servire" (Mt 20,2); e che a loro è stata affidata la cura delle anime dei frati, perciò se qualcuno di essi si perdesse per loro colpa e cattivo esempio, nel giorno del giudizio dovranno rendere ragione (Cfr. 12,36) davanti al Signore [nostro] Gesù Cristo.
 

Che i Fratelli non facciano ingiuria nè detrazione ma si amino scambievolmente e tutti i si guardino dal calunniare alcuno, e evitino le dispute di parole (Cfr. 2Tm 2,14), anzi cerchino di conservare il silenzio, se Dio darà loro questa grazia. E non litighino tra loro, né con gli altri, ma procurino di rispondere con umiltà, dicendo: Sono servo inutile (Cfr. Lc 17,10).
E non si adirino, perché chiunque si adira col suo fratello, sarà condannato al giudizio; chi avrà detto al suo fratello "raca", sarà condannato nel Sinedrio; chi gli avrà detto "pazzo", sarà condannato al fuoco della Geenna (Mt 5,22). E si amino scambievolmente, come dice il Signore: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente come io ho amato voi" (Gv 15,12).  E mostrino con le opere l'amore che hanno fra di loro, come dice l'apostolo: "Non amiamo a parola né con la lingua, ma con le opere e in verità" (Cfr. Gc 2,18; 1Gv 3,8). E non oltraggino nessuno (Tt 3,2); non mormorino, non calunnino gli altri, poiché è scritto: "i sussurroni e i detrattori sono in odio a Dio" (Rm 1,29 e 30). E siano modesti, mostrando ogni mansuetudine verso tutti gli uomini (Cfr. Tt 3,2). Non giudichino, non condannino;  e come dice il Signore, non guardino ai più piccoli peccati degli altri, ma pensino piuttosto ai loro nell'amarezza della loro anima (Cfr. Mt 7,3; Is 38,15).
E si sforzino di entrare per la porta stretta (Lc 13,24), poiché dice il Signore: "Angusta è la porta e stretta la via che conduce alla vita; e sono pochi quelli che la trovano" (Mt 7,14).
 

 

 

13. SEMPRE I VECCHI SIANO ONORATI
E' bene che i vecchi con pia considerazione, secondo la debolezza delle forze siano sopportati e diligentemente onorati: i nessun modo si usi severità in quanto la tolleranza è necessaria per il corpo, salva tuttavia l'autorità della Regola.



 

14. IL CONDONO DELLE OFFESE

Liti non abbiatene mai, o troncatele al più presto; altrimenti l’ira diventa odio e trasforma una paglia in trave e rende l’anima omicida. Così infatti leggete: Chi odia il proprio fratello è un omicida.

Chiunque avrà offeso un altro con insolenze o maldicenze o anche rinfacciando una colpa, si ricordi di riparare al più presto il suo atto. E a sua volta l’offeso perdoni anche lui senza dispute. In caso di offesa reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere che quanto più frequenti tanto più dovranno essere sincere. Tuttavia chi, pur tentato spesso dall’ira, è però sollecito a impetrare perdono da chi riconosce d’aver offeso, è certamente migliore di chi si adira più raramente ma più difficilmente si piega a chiedere perdono. Astenetevi pertanto dalle parole offensive; ma se vi Fossero uscite di bocca, non vi rincresca di trarre i rimedi da quella stessa bocca che diede origine alle ferite.


 

 

15. LA CORREZIONE DEI FRATELLI NELLE LORO MANCANZE
Custodite, perciò, le vostre anime e quelle dei vostri fratelli, perché è terribile cadere nelle mani del Dio vivente (Eb 10,31).


E si guardino tutti dal turbarsi e dall'adirarsi per il peccato o il male di un altro, perché il diavolo per la colpa di uno vuole corrompere molti, ma spiritualmente, come meglio possono, aiutino chi ha peccato, perché non quelli che stanno bene hanno bisogno del medico, ma gli ammalati (Cfr. Mt 9,12; Mc 2,17).
 

Come dice infatti il Signore nel Vangelo: "I principi delle nazioni le signoreggiano, e i grandi esercitano il potere su di esse (Mt 20,25); non cosi sarà tra i frati; 11 e chi tra loro vorrà essere maggiore, sia il loro ministro (Mt 20,26-27) e servo; 12 e chi tra di essi è maggiore, si faccia come il minore" (Lc 22,26).
 

Nessun frate faccia del male o dica del male a un altro 14 anzi per carità di spirito volentieri si servano e si obbediscano vicendevolmente (Cfr. Gal 5,13).
 

E questa è la vera e santa obbedienza del Signore nostro Gesù Cristo.

Tutti i fratelli, ogni volta che si allontaneranno dai comandamenti del Signore (Cfr. Sal 118,21) e andranno vagando fuori dell'obbedienza, come dice il profeta, sappiano che essi sono maledetti fuori dall'obbedienza, fino a quando rimarranno consapevolmente in tale peccato.
 

Se invece avranno perseverato nei comandamenti del Signore, che hanno promesso di osservare seguendo il santo Vangelo e la loro forma di vita, sappiano che sono nella vera obbedienza, e siano benedetti dal Signore.

 



16. LE COLPE LEGGERE E GRAVI
Se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o altrimenti, egli stesso confessi il suo peccato con l'impegno della soddisfazione. Per le cose lievi, se non esiste una consuetudine, ci sia una lieve penitenza. Nel caso in cui tacesse e la colpa fosse conosciuta attraverso un altro, sia sottoposto a una disciplina e ad una riparazione maggiore e più evidente. Se la colpa sarà grave, si allontani dalla familiarità dei fratelli, né mangi con loro alla stessa mensa, ma da solo assuma il pasto. Il tutto dipenda dalla decisione e dall'indicazione del maestro, affinché sia salvo nel giorno del
giudizio.
 


 

17. PER QUALE COLPA UN FRATELLO NON SIA PIÙ ACCOLTO
Soprattutto occorre provvedere che, nessun fratello, sia potente o impotente, forte o debole, voglia esaltarsi e poco a poco insuperbire, difendere la propria colpa, possa rimanere indisciplinato: ma, se non avrà voluto correggersi, a lui venga data una correzione più severa. Che se non avrà voluto correggersi con pie ammonizioni e per le preghiere a lui innalzate, ma si sarà innalzato sempre più nella superbia: allora secondo l'apostolo, sia sradicato dal pio gregge: togliete il male da voi: è necessario che la pecora malata sia allontanata dalla società dei fratelli fedeli.
Va evitata la mormorazione
Comandiamo a voi, per divino ammonimento di evitare, quasi peste da fuggire, le emulazioni, il livore, le mormorazioni, il sussurrare, le detrazioni. Si impegni ciascuno con animo vigile, a non incolpare o riprendere il suo fratello ma ricordi tra se la parola dell'apostolo: non essere un accusatore, né diffamatore del popolo. Quando qualcuno avrà conosciuto che un fratello ha peccato in qualcosa, in pace e fraterna pietà, secondo il precetto del Signore, lo corregga tra sé e lui solo: e se non lo avrà ascoltato prenda un altro fratello: ma se avrà disprezzato entrambi, in riunione davanti al capitolo tutto sia rimproverato. Soffrono di grave cecità, coloro che calunniano gli altri; sono di grande infelicità coloro che non si guardano dal livore: da qui sono immersi nell'antica iniquità dell'astuto nemico.



 

18. IL MODO Dl SERVIRE E Dl LAVORARE
Tutti i fratelli, in qualunque luogo si trovino presso altri per servire o per lavorare, non accettino alcun ufficio che generi scandalo o che porti danno alla loro anima (Cfr. Mc 8,36; Lc 22,26);


Esercitate il mestiere che già conoscete, se non sarà contrario alla salute dell'anima e può essere esercitato onestamente.


Infatti dice il profeta: "Mangerai il frutto del tuo lavoro; beato sei e t'andrà bene" (Sal 127,2); 5 e l'Apostolo: "Chi non vuol lavorare, non mangi" (Cfr. Ts 3,10); 6 e: "Ciascuno rimanga in quel mestiere e in quella professione cui fu chiamato" (Cfr. 1Cor 7,24).

 

Tutti cerchino di applicarsi alle opere buone; poiché sta scritto: Fa' sempre qualche cosa di buono affinché il diavolo ti trovi occupato,

e ancora: L'ozio è il nemico dell'anima.

 

Perciò i servi di Dio devono sempre dedicarsi alla preghiera o a qualche opera buona.
 

Allo stesso modo nessuno mai lavori per se stesso ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggior impegno e più fervida alacrità che se ciascuno li facesse per sé. Infatti, la carità di cui è scritto che non cerca il proprio tornaconto, va intesa nel senso che antepone le cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni. Per cui vi accorgerete di aver tanto più progredito nella perfezione quanto più avrete curato il bene comune anteponendolo al vostro. E così su tutte le cose di cui si serve la passeggerà necessità, si eleverà l’unica che permane: la carità.


 

 

19. IL DENARO
Il Signore comanda nel Vangelo: "Attenzione, guardatevi da ogni malizia e avarizia" (Lc 12,15 e 21,34);

"Guardatevi dalle preoccupazioni di questo mondo e dalle cure di questa vita".  non dobbiamo avere né attribuire alla pecunia e al denaro maggiore utilità che ai sassi. E il diavolo vuole accecare quelli che li desiderano e li stimano più dei sassi. 5 Badiamo, dunque, noi che abbiamo lasciato tutto (Cfr. Mt 19,27), di non perdere, per sì poca cosa, il regno dei cieli.



 

20. SPIRITO DELL' AUTORITA' E DELL’OBBEDIENZA

Si obbedisca al superiore come ad un padre, col dovuto onore per non offendere Dio nella persona di lui. Ancor più si obbedisco al presbitero che ha cura di tutti voi.

 

Sarà compito speciale del superiore far osservare tutte queste norme; non trascuri per negligenza le eventuali inosservanze ma vi ponga rimedio con la correzione. Rimetta invece al presbitero, più autorevole su di voi, ciò che supera la sua competenza o le sue forze.

 

Chi vi presiede non si stimi felice perché domina col potere ma perché serve con la carità. Davanti a voi sia tenuto in alto per l’onore; davanti a Dio si prostri per timore ai vostri piedi. Si offra a tutti come esempio di buone opere; moderi i turbolenti, incoraggi i timidi, sostenga i deboli, sia paziente con tutti. Mantenga con amore la disciplina, ne imponga il rispetto; e, sebbene siano cose necessarie entrambe, tuttavia preferisca piuttosto di essere amato che temuto, riflettendo continuamente che dovrà rendere conto di voi a Dio.

 

Perciò, obbedendo maggiormente, mostrerete pietà non solo di voi stessi ma anche di lui, che si trova in un pericolo tanto più grave quanto più alta è la sua posizione tra voi.

 

 

 

21. L'OBBEDIENZA PERFETTA
Dice il Signore nel Vangelo: "Chi non avrà rinunciato a tutto ciò che possiede non può essere mio discepolo" (Lc 14,33), e: "Chi vorrà salvare la sua anima, la perderà" (Lc 9,24). Abbandona tutto quello che possiede e perde il suo corpo colui che sottomette totalmente se stesso alI'obbedienza nelle mani del suo superiore. E qualunque cosa fa o dice che egli sa non essere contro la volontà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedienza. E se qualche volta il suddito vede cose migliori e più utili alla sua anima di quelle che gli ordina il superiore, volentieri sacrifichi a Dio le sue e cerchi invece di adempiere con l'opera quelle del superiore. Infatti questa è l'obbedienza caritativa, perché compiace a Dio e al prossimo (Cfr. 1Pt 1,22).

 

Se poi il superiore comanda al suddito qualcosa contro la sua coscienza, pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni. E se per questo dovrà sostenere persecuzione da parte di alcuni, li ami di più per amore di Dio. Infatti, chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli, rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché sacrifica la sua anima (Cfr. Gv 15,13) per i suoi fratelli.

Vi sono infatti molti religiosi che, col pretesto di vedere cose migliori di quelle che ordinano i loro superiori, guardano indietro (Cfr. Lc 9,62) e ritornano al vomito (Cfr. Pr 26,11; 2Pt 2,22) della propria volontà. Questi sono degli omicidi e sono causa di perdizione per molte anime con i loro cattivi esempi.
 

 


22. CHE NESSUNO SI APPROPRI LA CARICA DI SUPERIORE
Dice il Signore: "Non sono venuto per essere servito ma per servire" (Mt 20,28). Coloro che sono costituiti in autorità sopra gli altri, tanto devono gloriarsi di quell'ufficio prelatizio, quanto se fossero deputati all'ufficio di lavare i piedi (Cfr. Gv 13,14) ai fratelli. E quanto più si turbano se viene loro tolta la carica che se fosse loro tolto il servizio di lavare i piedi, tanto più mettono insieme per sé un tesoro fraudolento (Cfr. Gv 12,6) a pericolo della loro anima.

 


23. IL MALE DELLA PROPRIA VOLONTÀ
Disse il Signore a Adamo: "Mangia pure i frutti di qualunque albero, ma dell'albero della scienza del bene e del male non ne mangiare" (Gen 2,16-17). Adamo poteva dunque mangiare i frutti di qualunque albero del Paradiso, egli, finché non contravvenne all'obbedienza, non peccò.
Mangia infatti, dell'albero della scienza del bene colui che si appropria la sua volontà e si esalta per i beni che il Signore dice e opera in lui; e cosi, per suggestione del diavolo e per la trasgressione del comando, è diventato per lui il frutto della scienza del male. Bisogna perciò che ne sopporti la pena.
 

 

 

24. DEL GIUDICARE CON MISERICORDIA
Coloro poi che hanno ricevuto l'autorità di giudicare gli altri, esercitino il giudizio con misericordia, così come essi stessi vogliono ottenere misericordia dal Signore; infatti il giudizio sarà senza misericordia per coloro che non hanno usato misericordia (Gv 2,13). Abbiamo perciò carità e umiltà e facciamo elemosine, perché l'elemosina lava l'anima dalle brutture dei peccati. Gli uomini infatti perdono tutte le cose che lasciano in questo mondo, ma portano con sé la ricompensa della carità e le elemosine che hanno fatto, di cui avranno dal Signore il premio e la degna ricompensa.

 


 

25. CHE NESSUNO SI INSUPERBISCA, MA SI GLORI NELLA CROCE DEL SIGNORE
Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio, poiché ti ha creato e formato a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a similitudine (Cfr. Gen 1,26) di lui secondo lo spirito. E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la propria natura, servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crucifiggerlo, e ancora lo crucifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. 4 Di che cosa puoi dunque gloriarti? Infatti, se tu fossi tanto sottile e sapiente da possedere tutta la scienza (Cfr. 1Cor 13,2) e da sapere interpretare tutte le lingue (Cfr. 1Cor 12,28) e acutamente perscrutare le cose celesti, in tutto questo non potresti gloriarti; poiché un solo demonio seppe delle realtà celesti e ora sa di quelle terrene più di tutti gli uomini insieme, quantunque sia esistito qualcuno che ricevette dal Signore una speciale cognizione della somma sapienza. Ugualmente, se anche tu fossi il più bello e il più ricco di tutti, e se tu operassi cose mirabili, come scacciare i demoni, tutte queste cose ti sono di ostacolo e non sono di tua pertinenza, ed in esse non ti puoi gloriare per niente; ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità (Cfr. 2Cor 12,5) e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo (Cfr. Lc 14,27).

 

 

 

AMMONIMENTI


 

1. L'IMITAZIONE DEL SIGNORE
Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore (Cfr. Gv 10,11; Eb 12,2) sostenne la passione della croce.
Le pecore del Signore l'hanno seguito nella tribolazione e persecuzione (Cfr. Gv 10,4), nell'ignominia e nella fame (Cfr. Rm 8,35), nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna. 3 Perciò è grande vergogna per noi servi di Dio, che i santi abbiano compiuto queste opere e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il semplice raccontarle!
 


2. LA PRATICA DEL BENE DEVE ACCOMPAGNARE LA SCIENZA
Dice l'Apostolo: "La lettera uccide, lo spirito invece dà vita" (2Cor 3,6). Sono morti a causa della lettera coloro che unicamente bramano sapere le sole parole, per essere ritenuti i più sapienti in mezzo agli altri e potere acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici.
Cosi pure sono morti a causa della lettera quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri. 4 E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l'attribuiscono al proprio io, ma la restituiscono, con la parola e con l'esempio, all'altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene.



3. EVITARE IL PECCATO DI INVIDIA
Dice l'Apostolo: "Nessuno può dire: Signore Gesù (1Cor 12,3), se non nello Spirito Santo"; e ancora: "Non c'è chi fa il bene, non ce n'è neppure uno" (Rm 3,12; Sal 13,1). Perciò, chiunque invidia il suo fratello riguardo al bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, poiché invidia lo stesso Altissimo, il quale dice e fa ogni bene (Cfr. Mt 20,15).

 


4. AMARE I NEMICI
Dice il Signore: "Amate i vostri nemici [e fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano]" (Mt 5,44). Infatti, veramente ama il suo nemico colui che non si duole per l'ingiuria che quegli gli fa, ma brucia nel suo intimo, per l'amore di Dio, a motivo del peccato dell'anima di lui. E gli dimostri con le opere il suo amore.


5. NON LASCIARSI GUASTARE A CAUSA DEL PECCATO ALTRUI
Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo dl Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa (Cfr. Rm 2,5). Quel servo di Dio che non si adira né si turba per alcunché, davvero vive senza nulla di proprio. Ed egli è beato perché, rendendo a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio (Mt 22,21), non gli rimane nulla per sé.


6. COME RICONOSCERE LO SPIRITO DEL SIGNORE
A questo segno si può riconoscere il servo di Dio, se ha lo spirito del Signore: se, quando il Signore compie, per mezzo di lui, qualcosa di buono, la sua "carne" non se ne inorgoglisce - poiché la "carne" e sempre contraria ad ogni bene -, ma piuttosto si ritiene ancora più vile ai propri occhi e si stima più piccolo di tutti gli altri uomini.

 


7. LA PAZIENZA
Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Il servo di Dio non può conoscere quanta pazienza e umiltà abbia in sé finché gli si dà soddisfazione. Quando invece verrà il tempo in cui quelli che gli dovrebbero dare soddisfazione gli si mettono contro, quanta pazienza e umiltà ha in questo caso, tanta ne ha e non più.

 


8. LA POVERTÀ DI SPIRITO
Beati i poveri in spinto, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3).
Ci sono molti che, applicandosi insistentemente a preghiere e occupazioni, fanno molte astinenze e mortificazioni corporali, ma per una sola parola che sembri ingiuria verso la loro persona, o per qualche cosa che venga loro tolta, scandalizzati, tosto si irritano. Questi non sono poveri in spirito, poiché chi è veramente povero in spirito odia se stesso (Cfr. Mt 5,39; Lc 14,26) e ama quelli che lo percuotono nella guancia.
 


9. I PACIFICI
Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Sono veri pacifici coloro che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo, per l'amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nelI'anima e nel corpo.

 


10. LA PUREZZA DI CUORE
Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio (Mt 5,8). Veramente puri di cuore sono coloro che disdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore ed animo puro.
 

 

11. L'UMILE SERVO DI DIO
Beato quel servo (Mt 24,46) il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più che per il bene che dice e opera per mezzo di un altro. Pecca l'uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non vuole dare di sé al Signore Dio.

 


12. LA COMPASSIONE PER IL PROSSIMO
Beato l'uomo che offre un sostegno al suo prossimo per la sua fragilità, in quelle cose in cui vorrebbe essere sostenuto da lui, se si trovasse in un caso simile. Beato il servo che restituisce tutti i suoi beni al Signore Iddio, perché chi riterrà qualche cosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del Signore suo Dio (Cfr. Mt 25,18), e gli sarà tolto ciò che credeva di possedere (Cfr. Lc 8,18).

 


13. L'UMILE SERVO DI DIO
Beato il servo, che non si ritiene migliore, quando viene lodato e esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l'uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più. Guai a quel religioso, che è posto dagli altri in alto e per sua volontà non vuol discendere. E beato quel servo (Cfr. Mt 24,46), che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri.

 


14. LA VERA UMILTÀ
Beato il servo che viene trovato cosi umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi padroni.
Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione. È servo fedele e prudente (Mt 24,45) colui che di tutti i suoi peccati non tarda a punirsi, interiormente per mezzo della contrizione ed esteriormente con la confessione e con opere di riparazione.

 


15. LA VERA DILEZIONE
Beato il servo che tanto è disposto ad amare il suo fratello quando è infermo, e perciò non può ricambiargli il servizio, quanto l'ama quando è sano, e può ricambiarglielo.
Beato il servo che tanto amerebbe e temerebbe un suo fratello quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui, e non direbbe dietro le sue spalle niente che con carità non possa dire in sua presenza.

 


16. CHE I SERVI DI DIO ONORINO I CHIERICI
Beato il servo che ha fede nei chierici che vivono rettamente secondo le norme della Chiesa romana. E guai a coloro che li disprezzano. Quand'anche, infatti, siano peccatori, tuttavia nessuno li deve giudicare, poiché il Signore esplicitamente ha riservato solo a se stesso il diritto di giudicarli.
Invero, quanto più grande è il ministero che essi svolgono del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che proprio essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri, tanto maggiore peccato commettono coloro che peccano contro di essi, che se peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo.

 


17. COME LE VIRTÙ ALLONTANANO I VIZI
Dove è amore e sapienza, ivi non è timore né ignoranza. Dove è pazienza e umiltà,
ivi non è ira né turbamento. Dove è povertà con letizia, ivi non è cupidigia né avarizia. Dove è quiete e meditazione, ivi non è affanno né dissipazione. Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa (Cfr. Lc 11,21),ivi il nemico non può trovare via d'entrata. Dove è misericordia e discrezione,
ivi non è superfluità né durezza.

 


18. IL BENE VA NASCOSTO PERCHÉ NON SI PERDA
Beato il servo che accumula nel tesoro del cielo (Cfr. Mt 6,20) i beni che il Signore gli mostra e non brama dl manifestarli agli uomini con la speranza di averne compenso. Poiché lo stesso Altissimo manifesterà le sue opere a chiunque gli piacerà. Beato il servo che conserva nel suo cuore (Cfr. Lc 2,19.51) i segreti del Signore.

 


19. IL VERBO DEL PADRE
L'altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele (Cfr. Lc 1,31), annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità. Lui, che era ricco (2Cor 8,9) sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà. E, prossimo alla passione (Cfr. Mt 26,17-20; Mc 14,12-16; Lc 22,7-13), celebrò la pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane, rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo" (Mt 26,26). E prendendo il calice disse: "Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati" (Mt 26,27). Poi pregò il Padre dicendo: "Padre, se è possibile, passi da me questo calice". 9 E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra (Lc 22,44). Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: "Padre, sia fatta la tua volontà; non come voglio io, ma come vuoi tu" (Mt 26,42; 26,39). E la volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull'altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose (Cfr. Gv 1,3), ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l'esempio perché ne seguiamo le orme (1Pt 2,21). E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e col nostro corpo casto. Ma pochi sono coloro che lo vogliono ricevere ed essere salvati per mezzo di lui, sebbene il suo giogo sia soave e il suo peso leggero (Cfr. Mt 11,30).

 


20. DELL'AMORE DI DIO E DEL SUO CULTO

Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e mente pura, poiché egli stesso, ricercando questo sopra tutte le altre cose, disse: I veri adoratori adoreranno il Padre nello Spirito e nella verità (Gv 4,23). Tutti infatti quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino nello spirito (Cfr. Gv 4,24) della verità. Ed eleviamo a lui lodi e preghiere giorno e notte (Sal 31,4), dicendo: "Padre nostro, che sei nei cieli" (Mt 6,9), poiché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci (Lc 18,1).

 


21. DEL SERVO FEDELE CHE DIVIENE DIMORA DI DIO
E tutti quelli e quelle che si diporteranno in questo modo, fino a quando faranno tali cose e persevereranno in esse sino alla fine, riposerà su di essi lo Spirito del Signore (Is 11,2), ed egli ne farà sua abitazione e dimora (Cfr. Gv 14,23). E saranno figli del Padre celeste (Cfr. Mt 5,45), di cui fanno le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo (Cfr. Mt 12,50). Siamo sposi, quando l'anima fedele si congiunge a Gesù Cristo per l'azione dello Spirito Santo. E siamo fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo (Cfr. Mt 12,50), che è in cielo. Siamo madri (Cfr. 1Cor 6,20), quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l'amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri (Cfr. Mt 5,16).

 


22. ABBANDONATI A DIO
Dice il Signore nel Vangelo: Chi non rinuncia a tutto quello che possiede non può essere mio discepolo (Lc. 14, 33). E: Chi pensa soltanto a salvare la propria vita la perderà (MT. 16, 25).
Realizza queste parole colui che abbandona la propria volontà nelle mani delle persone che per lui rappresentano Dio.
Così facendo, tutto ciò che egli compie o dice, purché si tratti di cose che in coscienza ritiene buone, costituisce un atto di vera obbedienza.
E se qualche volta gli sembra meglio o più utile agire secondo il proprio punto di vista, rinunci, per amor di Dio, al suo giudizio personale e cerchi di eseguire ciò che gli viene comandato. Questa è la vera obbedienza, perché è ispirata all'amore di Dio e del prossimo. Anche quando la coscienza imponesse di rifiutare l'obbedienza, non per questo si deve giungere ad interrompere il rapporto d'amore. Anzi, quando incontra delle difficoltà, l'amore deve essere più forte, perché chi preferisce subire qualche disagio piuttosto che separarsi dai suoi fratelli, esercita la vera e perfetta obbedienza, perché per loro è disposto a dare la propria vita.
Vi sono tra i religiosi di quelli che, con la scusa di perseguire cose migliori di quelle richieste dall'obbedienza, fanno di testa loro dimenticando che hanno rinunciato a vivere secondo la loro volontà. Costoro costituiscono un pericolo per le anime, che scandalizzano con il loro cattivo esempio.

 


23. IL POTERE
Non sono venuto per essere servito, ma per servire, dice il Signore (MT. 20, 28). Coloro che sono costituiti in autorità sopra gli altri non stiano a gloriarsi della loro posizione più che se avessero ricevuto l'incarico di lavare il piedi ai loro fratelli.
E se, giunto il momento di dover lasciare il loro ufficio, dovessero inquietarsi più che se fossero esonerati dall'incarico di lavare i piedi ai loro fratelli metterebbero in grave pericolo la loro anima.

Di questo ti puoi gloriare.
Abbi rispetto, o uomo, della tua natura umana in tutte le sue dimensioni. Il Signore ha creato il tuo corpo tanto perfetto da essere ritenuto degno del suo stesso Figlio e il tuo spirito a somiglianza della natura divina. Eppure tutte le creature conoscono ed obbediscono, secondo le varie capacità, al loro creatore megli di te. Persino i demoni non spinsero la loro ribellione fino a crocifiggere il Signore; mentre l'uomo lo crocifisse e lo crocifigge ancora quando vive nel vizio e commette il peccato.
Vedi, dunque, che hai ben poco di cui gloriarti. Se anche tu fossi molto intelligente, se possedessi tutta la scienza, sapessi parlare tutte le lingue e riuscissi a penetrare anche i misteri più difficili, non ti potresti vantare di tutto questo. In fondo un solo demonio conosceva la teologia ed ora conosce le scienze umane più di tutti gli uomini messi insieme compresi coloro che hanno ricevuto un'intelligenza superiore ed una particolare sapienza.
E se anche tu fossi il più bello e il più ricco di tutti, se avessi il potere di fare cose straordinarie, di comandare ai demoni, tutto ciò non verrebbe da te e non te ne potresti vantare per niente.
Di una cosa ci potremmo gloriare: delle nostre debolezze, perché ci permettono di portare ogni giorno la croce del nostro Signore Gesù Cristo.

 


24.OSSERVANZA DELLA REGOLA

Il Signore vi conceda di osservare con amore queste norme, quali innamorati della bellezza spirituale ed esalanti dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo, non come servi sotto la legge, ma come uomini liberi sotto la grazia.




 

DAL TESTAMENTO DI SAN FRANCESCO (1226)

[111] 4 E il Signore mi dette tale fede nelle chiese che io così semplicemente pregavo e dicevo: 5 Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

[112] 6 Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. 7 E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.

[113] 8 E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. 9 E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. 10 E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri.

[117] 16 E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere (Tb 1,3), ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. 17 E non volevamo avere di più.

[118] 18 Noi chierici dicevamo l'ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster, e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. 19 Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti.

[119] 20 Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all'onestà. 21 Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l'esempio e tener lontano l'ozio.

[120] 22 Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l'elemosina di porta in porta.

[121] 23 Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: "Il Signore ti dia la pace!".

[122] 24 Si guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini (Cfr. 1Pt 2,11).

[123] 25 Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna [di privilegio] nella curia romana, né personalmente né per interposta persona, né per una chiesa né per altro luogo né per motivo della predicazione, né per la persecuzione dei loro corpi; 26 ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio.

[124] 27 E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di assegnarmi. 28 E così voglio essere prigioniero nelle sue mani, che io non possa andare o fare oltre l'obbedienza e la sua volontà, perché egli è mio signore.

[125] 29 E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l'ufficio, così come è prescritto nella Regola.

[126] 30 E tutti gli altri frati siano tenuti a obbedire così ai loro guardiani e a recitare l'ufficio secondo la Regola. 31 E se si trovassero dei frati che non recitassero l'ufficio secondo la Regola, e volessero comunque variarlo, o non fossero cattolici, tutti i frati, ovunque sono, siano tenuti, per obbedienza, ovunque trovassero uno di essi, a consegnarlo al custode più vicino al luogo ove l'avranno trovato. 32 E il custode sia fermamente tenuto, per obbedienza, a custodirlo severamente, come un uomo in prigione, giorno e notte, così che non possa essergli tolto di mano, finché non lo consegni di persona nelle mani del suo ministro. 33 E il ministro sia fermamente tenuto, per obbedienza, a farlo scortare per mezzo di tali frati che lo custodiscano giorno e notte come un prigioniero, finché non lo consegnino al signore di Ostia, che è signore, protettore e correttore di tutta la fraternità.

[127] 34 E non dicano i frati: "Questa è un'altra Regola", perché questa è un ricordo, un'ammonizione, un'esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore.

[128] 35 E il ministro generale e tutti gli altri ministri e custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole.

[129] 36 E sempre tengano con sé questo scritto assieme alla Regola. 37 E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.

[130] 38 E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: "Così si devono intendere"; 39 ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine.

[131] 40 E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell'altissimo Padre, e in terra sia ricolmo della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. 41 Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. [Amen].
 




FONTI:
S. Agostino, La regola, Nuova Biblioteca Agostiniana – Città Nuova.
San Francesco, La regola non bollata 1221
San Francesco, La regola bollata 1223

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