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Cammino Lauretano

Cammino Lauretano


La Santa Casa di Loreto è la vera Casa di Maria?


Prima di tutto occorreva dimostrare ampiamente che la Santa Casa di Loreto fosse una porzione della casa dove era nata e cresciuta Maria a Nazareth.
Oggi, in base alle numerose prove, siamo in grado di affermare con certezza che le pareti presenti a Loreto sono proprio quelle della casa che fino la fine del tredicesimo secolo circa, era venerata a Nazareth come la casa della Madonna.
Le ricerche più importanti sono quelle fatte in tempi moderni a Nazareth prima degli anni sessanta da padre Bagatti e a Loreto dall’architetto Nerio Alfieri, professore di archeologia a Bologna.
La costruzione di Loreto presenta anomalie, in netto contrasto con le costruzioni della zona e anche con le regole urbanistiche vigenti nel Tredicesimo secolo.

La casa non ha fondamenta proprie e poggia veramente su una strada.

È costituita da sole tre pareti, le quali, per un’altezza di circa tre metri, sono fatte di pietre, e si sa che nella zona marchigiana non esistono cave di pietre e tutte le costruzioni a quel tempo erano fatte in laterizi.

È anomalo che la porta originaria, si trovi al centro della parete lunga, e non in quella breve come in tutte le chiese e cappelle del tempo.

E’ anomalo che la porta sia collocata a Nord esposta alle intemperie.

E’ anomalo che l’unica finestra sia orientata a Ovest e quindi impossibilitata a fornire un’idonea illuminazione.
Sempre in relazione alle medesime indagini sono emersi altri elementi.

Nel sottosuolo della Santa Casa sono state rinvenute due monete le uniche databili, tra le centinaia ivi rinvenute, all’epoca della traslazione. Si riferiscono a Guy de la Roche, duca di Atene dal 1285 al 1308;

Sono stati rinvenuti pollini di provenienza palestinese;

Cinque piccole croci di stoffa rossa furono rinvenute in una cavità sotto “la Finestra dell’Angelo” tipiche dei cavalieri crociati che forse si occuparono del trasporto?

Vi sono stati trovati anche alcuni resti di un uovo di struzzo, che nei luoghi di culto in Palestina venivano appesi come ornamento, un po come si osserva ne La Pala di Brera, o Pala Montefeltro (Sacra Conversazione con la Madonna col Bambino, sei santi, quattro angeli e il donatore Federico da Montefeltro), di Piero della Francesca. In numerose chiese dell’Abissinia e dell’Oriente cristiano-ortodosso viene spesso appeso nel catino absidale un uovo, come segno di vita, di nascita e rinascita.

Le ricerche archeologiche fatte a Nazaret completate da uno studio dell’architetto Nanni Monelli del 1982 dimostrano che:

La Casa di Loreto non ha fondamenta perché le sue fondamenta sono rimaste a Nazaret.

Ha solo tre pareti perché era appoggiata a una grotta scavata nella roccia, con la quale costituiva un solo blocco abitativo.

Le misure della casetta di Loreto, 9,50 x 4 m e anche lo spessore delle tre pareti corrispondono perfettamente alle misure delle fondamenta che si trovano a Nazaret.

Le pietre con le quali le pareti sono state costruite sono quelle tipiche della Palestina e anche i tipi di muratura usati.

La casa di Loreto mostra tecniche costruttive di tipologia Nabatea, popolo semita abitante nella zona. Si trattava di unalavorazione a bulino, realizzata con un utensile detto ferrotondo e tondino, e di un’altra lavorazione, realizzata con tratti vicini e poco profondi, attuati con una subbia a punta. Queste tecniche sono assolutamente sconosciute nell’area italiana e in specie marchigiana.

I mattoni della Casa sono ancora saldati dalla malta che si usava in Palestina, ovvero un misto di solfato di calcio idrato (gesso) impastato con polvere di carbone di legna secondo una tecnica nota in Palestina duemila anni fa.

I circa 50 graffiti ancora leggibili su diverse delle pietre della “Santa Casa” di Loreto, si richiamano a quelli dei giudei cristiani della Terra Santa e in particolare a quelli trovati a Nazareth.

LA PROVA DELL'ESORCISMO 


​"Non posso omettere qui un altro fatto oltre modo meraviglioso, nel quale si scorge ancora una specie di guarantia, o di attestazione soprannaturale dell'autenticità della santa casa di Nazzaret trasportata dagli Angeli a Loreto. Lo prendo fedelmente dalla storia dell'Angelita, il cui Padre era stato presente nella sacrosanta Cappella al fausto insieme e terribile avvenimento. Verso il fine del secolo decimoquinto Pietro Orgentorice, illustre signor di Grenoble in Francia, aveva per moglie una nobilissima dama di quella città nominata Antonia. Senza conoscer la causa ed il modo di una disgrazia sì straordinaria, che forse non fu permessa da Dio che per procurare una maggior gloria al Santuario, quella signora ad un tratto si trovò invasa da sette demoni, che tutti si davano un nome proprio manifestato tra gli esorcismi. Il savio marito non trascurò mezzo per liberarla; e tentati inutilmente tutti i modi della medicina corporale e spirituale in Francia, la condusse per ultimo ai Santuari d'Italia. La trasse da prima a quello di S. Giulio presso Milano (2), quindi a quello di S.Geminiano a Modena, e continuando fino a Roma, vi si trattenne lo spazio di un mese, prostrandosi tutti i giorni coll'infelice sua sposa nel tempio di S. Pietro: ma non riportava mai l'implorata liberazione. Era già in viaggio per tornare in Francia, quando incontratosi a caso per istrada in un soldato che ritornava da Loreto, venne da quello esortato di condurla alla santa Casa. Si sentì allora investito di nuova e grande speranza, e dirizzò i passi bentosto a quella volta. Vi arrivò infatti colla sua comitiva il dì 16 del mese di luglio dell'anno 1489; e la ripugnante indemoniata fu subito strascinata o portata col braccio di dieci uomini nella santa Cappella, ove il venerabile canonico rettore in quel tempo del Santuario, D. Stefano Francigena di Osimo, sacerdote di una vita immacolata, cominciò a leggere innanzi all'ossessa i sacri esorcismi. Gli spiriti immondi si scossero allor più che mai, come avevano fatto mai sempre anche in Roma, e parlarono tra gli urli più spaventosi, pronunciando ciascuno il proprio nome. Il primo, che si chiamava Sordo, non tardò molto ad uscire dall'indemoniata, e avvisò che in segno della sua partenza avrebbe spenta, come successe, la candela accesa. Il secondo, che si chiamava Herot, partì col medesimo segno, ossia collo spegnere la riaccesa candela, gridando orrendamente contro il sacerdote esorcizzante: “Maria, non tu, Maria ci discaccia, non tu.” Nella seguente mattina continuando gli esorcismi e le orazioni, il terzo, che si diceva Orribile, usciva spegnendo una delle lampade della sacra cappella, e facendo rimbombare il tempio di voci tremende, tra le quali ripeteva “Maria Maria, sei troppo fiera contro di noi” Il quarto che si appellava Arcto resisteva più a lungo, e gridava “Maria, sei troppo potente, che ci discacci nostro mal grado da questo luogo” Scongiurato dal sacerdote a dire che luogo fosse quello, rispose urlando:  “La Camera della Madre di Dio.” L'esorcista, per vieppiù sforzarlo a riconfermare la verità, soggiungeva imperioso “Mentisci, o bugiardo” “No, replicava, non mentisco, ma confesso la verità, e Maria è quella che mio mal grado mi sforza a confessarla qui pubblicamente” Spumeggiando allora vieppiù esclamando la donna indemoniata per l'interna violenza degli spiriti arrabbiati, additava con furore nella benedetta cappella a sinistra del l'altare il luogo nel quale stava la Vergine, quando fu salutata dall'Angelo; e poscia a destra in traverso del l'angolo al fondo della camera, verso la croce di legno, il luogo, nel quale si fermò riverente il celeste ambasciatore mentre parlava alla Vergine. Alfine lasciando in terra ai piedi del sacerdote esorcista tre carboni accesi, ed un altro estinto nella quarta lampada d'argento, avanti la statua della Vergine, uscì cogli altri compagni riempiendo l'aria di grandi e confusi clamori. Antonia allora cadde prostrata sul pavimento esanime come un cadavere: ma poco dopo si rialzò libera; e rese le debite grazie alla Madre di Dio, ritornò sana col suo marito a Grenoble. Mentre tali cose si facevano, conchiude lo storico, era presente una moltitudine di persone, ed oltre i preti, oltre gli abitanti di Loreto, erano accorsi pressochè tutti i principali signori di Recanati, tra i quali Giovanni Francesco Angelita mio padre, che qual cancelliere della città vi era stato mandato espressamente da quel magistrato supremo, perchè vedesse quel che si faceva; e però stava dinanzi a tutti con ser Antonio Bonfine ascolano, personaggio di rara dottrina, che avea presieduto per molti anni l'accademia recanatese, e fu poi mandato, da esso richiesto, al Serenissimo Re d'Ungheria, cui tra gli altri ossequi dedicò ancora le sue decadi dell'ungherese monarchia; e più ancora vi si trovò il di lui figlio Francesco, perito nelle arti, e dottore in medicina, che Vostra Santità ebbe a cono … e lo stesso Giovanni Francesco mio genitore, quando viveva, questi medesimi fatti a me ancor fanciullo narrava sovente con parole interrotte da molti singhiozzi. Dei cittadini poi che si erano trovati presenti, alcuni vivono ancora; e son sempre memori di quel fatto tremendo, come se adesso avvenisse sotto i loro occhi"


FONTE: Storia apologetica della S. Casa di Nazaret - P. Riccardi 1842